“Cosa nostra a vocazione romana”, in un rapporto il ruolo dei Rinzivillo nella capitale

 
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I pm hanno chiesto la conferma del 41 bis per Rinzivillo

Gela. “Roma avamposto di cosa nostra”. Nel quarto rapporto “Mafie nel Lazio”, è sempre più nitida la mappa degli interessi criminali a Roma e nelle aree limitrofe. Decine di famiglie operano in più settori. Molto spesso coperture lecite servirebbero a garantirsi spazio di manovra per attività illegali. Nel rapporto, un ampio spazio viene dedicato al protagonismo del gruppo Rinzivillo, adesso capeggiato da Salvatore Rinzivillo, da poco condannato dalla Corte d’appello di Roma per le vicende collegate al blitz “Druso-Extra Fines”. Al presunto capo, che avrebbe preso il testimone dai fratelli Antonio e Crocifisso, in secondo grado sono stati imposti dieci anni e otto mesi di reclusione (rispetto ai quindici anni e dieci mesi del giudizio abbreviato). E’ a processo anche per la costola nissena del blitz. L’inchiesta che ha disvelato i nuovi presunti interessi dei Rinzivillo sulla piazza di Roma viene più volte presa in considerazione dall’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, che si è occupato di redigere il rapporto, attraverso le fonti di riferimento che sono la Direzione distrettuale antimafia della capitale, la procura generale presso la Corte d’appello e le forze dell’ordine. Dalle tradizionali estorsioni al tentativo di controllare settori importanti, come il commercio all’ingrosso di frutta e verdura e il mercato ittico, sono questi i punti di riferimento anche per gli investigatori. Nel rapporto, l’attenzione è posta sui contatti che Rinzivillo avrebbe instaurato con famiglie di caratura nella gerarchia di cosa nostra palermitana. “Rinzivillo conosce il loro peso nella storia di Cosa nostra e si muove rispettando poche ma efficaci regole: garantendo convenienza, serietà e rispetto – si legge nel rapporto – per assicurare un apporto concreto ai Guttadauro mette sul tavolo della trattativa l’esperienza di imprenditori a capo di aziende leader nel settore ittico, in Sicilia come a Roma”. Il settore ittico e quello dell’ingrosso di ortofrutta sono i punti nodali dell’interesse investigativo, così come riportato nel rapporto.

“L’indagine svelava, l’influenza di un imprenditore dell’ortofrutta in contatto con i Rinzivillo – si legge ancora – che imponeva all’interno del Centro Agroalimentare Roma di Guidonia le sue forniture a prezzi maggiorati. Lo faceva – come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – “in regime di monopolio da questi imposto all’interno del Car”. Sullo sfondo si muovono contatti con esponenti delle forze dell’ordine, pronti a passare informazioni riservate e a mettersi a disposizione del boss. “Il Rinzivillo (Salvatore) si accordava direttamente e personalmente con soggetti russi per esportare senza controlli valuta di illecita provenienza dall’Italia – si legge in un passaggio degli atti d’inchiesta riportato nel rapporto – per garantirsi la mancata effettuazione dei controlli in Italia, a Roma (dall’aeroporto di Fiumicino) e, quindi, il buon esito dell’illecita attività, il Rinzivillo si affidava ai sodali infedeli, appartenenti all’arma dei carabinieri ed ai servizi di sicurezza, i quali avrebbero percepito al pari di Rinzivillo una percentuale pari al 7,5 per cento dell’importo della valuta trasportata”. Aspetti che hanno portato gli inquirenti e gli autori del rapporto a parlare di “una cosa nostra a vocazione romana”.

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