Falciati dal treno, operai morti: chieste condanne, “tra i fatti più gravi in Italia”

 
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L'intervento dei carabinieri e i primi rilievi

Gela. Quasi cinquanta anni di detenzione, in totale, chiesti dai pm Federica Scuderi e Ubaldo Leo, a conclusione della lunga requisitoria nel dibattimento scaturito dalla morte di tre operatori di Rfi, travolti e uccisi lungo la tratta ferroviaria Gela-Canicattì, tra le contrade Burgio e Carrubba. Nel giudizio, sono imputati vertici di Rete ferroviaria italiana ma anche gli operatori che avrebbero dovuto gestire la circolazione dei convogli proprio in quelle ore. Era il luglio di sette anni fa e per Antonio La Porta, Vincenzo Riccobono e Luigi Gaziano non ci fu alcuna possibilità di salvarsi. I carabinieri e i sanitari intervenuti non poterono fare altro che constatarne il decesso. Stavano effettuando riparazioni lungo quel tratto, ma contemporaneamente era in transito il treno che li travolse. Qualcosa non funzionò nel sistema di comunicazioni e nell’intera gestione della rete. I pm, che hanno condotto la loro requisitoria per oltre tre ore, questa mattina lo hanno spiegato davanti al giudice Miriam D’Amore. I due magistrati hanno concluso sostenendo che quelle terribili morti furono la conseguenza non di semplici errori, ma “di una vera e propria prassi operativa attuata dai più alti livelli e fino a quelli più bassi”. Rfi, in base a quanto è stato spiegato dalla procura, avrebbe autorizzato “prassi in spregio della sicurezza sul lavoro”. Il pm Scuderi ha voluto ricordare, in apertura del suo intervento, che quello di sette anni fa, sulla tratta locale, fu uno dei “fatti più gravi avvenuti in Italia sulla rete ferroviaria”. Tutti gli imputati, tra le altre contestazioni, rispondono di omicidio colposo. Otto anni di reclusione sono stati chiesti per l’ex a.d. di Rete ferroviaria Michele Mario Elia; sette anni ciascuno per Rosario Ciluffo, già responsabile della tratta Canicattì-Gela, e Andrea Cucinotta, della direzione territoriale di Palermo; sei anni e sei mesi per il responsabile della direzione tecnica Giovanni Costa e nei confronti del dirigente della sala di coordinamento Pietro Muscolino; sei anni, infine, per il dirigente della direzione di Caltanissetta Concettina Vitellaro e per il capo impianto del reparto lavori Pietro Messina. L’unica assoluzione i pm della procura l’hanno richiesta rispetto alla posizione processuale del capo reparto pianificazione dell’unità di Palermo, Carmelo Lapaglia. Anche Rfi è imputata nel procedimento e i pm Scuderi e Leo hanno concluso per la condanna al pagamento di quote per un milione e mezzo di euro. Parte civile è l’associazione Mutilati e Invalidi del lavoro.

I pm, durante le tre ore di requisitoria, hanno ripercorso per intero la fase di indagine e la ricostruzione tecnica che è stata necessaria per risalire alla filiera delle responsabilità. In aula, era presente anche il procuratore capo Fernando Asaro. Le procedure adottate sarebbero state del tutto non in linea con la disciplina in materia, ma per l’accusa l’ombra vera è proprio quella di una possibile “prassi” che sarebbe stata ormai strutturale in Rfi. “Era la politica aziendale – è stato spiegato – meno interruzioni e quindi meno disservizi, così da evitare perdite economiche e far credere che la linea fosse efficiente”. Nel corso delle prossime udienze toccherà alle difese, che già in fase di udienza preliminare avevano contestato il rinvio a giudizio, spiegando tra le altre cose che gli imputati, nei ruoli ricoperti al momento dell’incidente sulla tratta Gela-Canicattì, avrebbero rispettato tutte le consegne. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Maurizio Buggea, Francesco Bertorotta, Fabrizio Biondo, Vincenzo Lo Re, Giuseppe Scozzari, Paolo Spanti, Giovanni Spada e Francesco Crescimanno.

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