I soldi chiesti agli imprenditori nei cantieri, le condanne a Muncivì e Giorrannello: i ricorsi ad aprile in Cassazione

 
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Gela. Il presunto peso delle organizzazioni mafiose nei cantieri per la costruzione di un’area residenziale, a ridosso di via Butera. Le presunte richieste di denaro nei cantieri. Il 13 aprile, arriva in Cassazione la vicenda dell’ex consigliere comunale di Forza Italia Francesco Muncivì e dell’imprenditore Silvio Giorrannello. Negli scorsi mesi, i giudici della Corte di appello di Caltanissetta hanno condannato Muncivì a sette anni e mezzo di reclusione, ridotti rispetto ai dieci decisi dai magistrati del tribunale di Gela, e a tre anni e quattro mesi Giorrannello, assolto invece in primo grado. E’ definitivamente uscito dal procedimento Giuseppe Giorrannello. La procura generale ha rinunciato al ricorso in appello. Tutto nacque dall’indagine “Casa Nostra” che coinvolse proprio l’ex consigliere comunale, ritenuto il vero factotum dei cantieri. Stando ai magistrati della Dda di Caltanissetta, avrebbe imposto il pagamento di denaro agli imprenditori che, intanto, miravano ai subappalti e ai lavori del complesso residenziale. Ricostruzione da sempre contestata dagli avvocati Antonio Gagliano e Flavio Sinatra, legali di Muncivì. In base alla linea esposta anche in aula, l’imputato sarebbe stato piuttosto vittima di pressioni e minacce. Anche i legali di difesa di Silvio Giorrannelo, gli avvocati  Antonio Impellizzeri e Franca Auteri, hanno a loro volta sostenuto l’estraneità ai fatti dell’imprenditore che, invece, sarebbe stato tra quelli vessati dalle richieste di denaro. In appello, è caduta l’accusa di associazione mafiosa ma sono rimaste in piedi quelle di concorso esterno ed estorsione. Gli imprenditori che sarebbero stati vittime di richieste estorsive si sono costituiti parti civili con gli avvocati Joseph Donegani, Nicoletta Cauchi, Fabio Fargetta e Vittorio Giardino.

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