Inchiesta antidroga “Smart working”, i fratelli Raitano lasciano il carcere: disposti domiciliari

 
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Gela. Davanti al gip, durante l’interrogatorio, si sono difesi, negando di aver preso parte a compravendita e spaccio di intere partite di droga. Per i fratelli Antonino Raitano e Ruben Raitano, entrambi coinvolti nell’indagine “Smart working”, è stata disposta la misura degli arresti domiciliari. Erano detenuti proprio a seguito del recente blitz messo in atto dai poliziotti del commissariato, coordinati dalla procura. Ai due, con diversi precedenti penali alle spalle, è stata concessa una misura meno afflittiva, sulla base anche delle richieste del difensore, l’avvocato Davide Limoncello. Hanno risposto alle domande del gip e fornito la propria versione dei fatti. Antonino Raitano ha spiegato di aver spacciato in alcune occasioni ma ha respinto l’accusa di essersi attivato per una partita di droga che sarebbe arrivata in città da Catania. Ha inoltre riferito di fare uso di sostanze.

Ruben Raitano, invece, al momento dell’esecuzione della misura si trovava ricoverato in ospedale a Catania e di conseguenza è stato trasferito in una struttura penitenziaria etnea. In fase di interrogatorio ha però chiarito di aver conosciuto persone che erano sottoposte a controlli delle forze dell’ordine ma ha ribadito di non aver partecipato ad una presunta rete di spaccio. Per gran parte degli indagati coinvolti nel blitz, la prossima settimana è prevista l’udienza di riesame. In base a quanto emerso dagli accertamenti investigativi, per la droga le basi logistiche pare fossero le abitazioni di Francesco Scicolone (rappresentato dall’avvocato Rosario Prudenti) e Giacomo Tumminelli (con il legale Davide Limoncello), a loro volta raggiunti da misure di custodia cautelare in carcere.

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