La catastrofe del Pd, Di Cristina: “Non penso alle dimissioni…i candidati devono risponderne”

 
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Percentuali sempre più basse ma Di Cristina difende l'intesa con Greco

Gela. Subito un primo confronto con tutti gli iscritti, ma anche una direzione provinciale del partito. I dem locali sanno che i risultati registrati alle urne di ieri sono i peggiori in assoluto. “Il dato nel nostro collegio è il peggiore d’Italia, lo so – dice il segretario cittadino Peppe Di Cristina – in città, i numeri sono linea con la media. Non possiamo metterci sulle spalle colpe che, oggettivamente, non abbiamo. Non sono stato io a firmare il protocollo di intesa su Eni. Dobbiamo cercare di ripartire. Noi il partito non lo lasciamo, come ho più volte dichiarato. La mia segreteria? A breve, si aprirà la fase congressuale. Non penso affatto alle dimissioni”. La “catastrofe” politica che si è abbattuta sui dem ha molto a che fare con le scelte arrivate da Palermo e Roma. “Noi siamo stati esclusi dal processo che ha condotto alle candidature – dice ancora Di Cristina – è quasi normale che si abbiano delle conseguenze. Non esistono scontri tra famiglie, è assurdo. Il partito deve tornare a dialogare con chi gli ha voltato le spalle”. Di Cristina e la sua segreteria non fanno passi indietro, nonostante un risultato elettorale peggiore di quello delle regionali. I dem gelesi sono stati in testa alla fronda interna che ha contestato le decisioni dei vertici sulle candidature.

La sconfitta. “Entro venti giorni – spiega ancora – organizzeremo un appuntamento regionale in città. La responsabilità dell’esisto elettorale va ricercata tra i candidati scelti, come abbiamo spiegato anche in campagna elettorale. Non accettiamo quel tipo di modalità, che taglia fuori i territori”. Insomma, i dem locali, a questo giro, si sono tenuti con le mani libere, anche se non lo ammettono ufficialmente. C’è chi ritiene, addirittura, che abbiano suggerito il voto in favore di altre formazioni politiche, da Liberi e Uguali passando per il Movimento cinque stelle. Una sconfitta più che annunciata. Poco meno di duemila voti per la Camera, però, non se li sarebbero aspettati neanche i più disfattisti del gruppo. Con numeri di questo tipo, tutto sembra difficile, a cominciare dal tentativo di riprendersi Palazzo di Città. Per ora, si parte da uno scarso sette per cento e da una sconfitta che rimarrà scritta a caratteri cubitali.

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