La nuova stidda, condanne ridotte in appello: 12 anni per Emanuele Palazzo

 
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Gela. Condanne ridotte a conclusione del processo d’appello nei confronti di sette esponenti di un gruppo legato alla stidda, finiti al centro del blitz “Agorà”.

Condanne più lievi. I giudici di secondo grado di Caltanissetta hanno condannato a dodici anni di reclusione il presunto capo Emanuele Palazzo. Per lui, nel febbraio di un anno fa, il gup del tribunale di Caltanissetta aveva emesso un verdetto di condanna a sedici anni. Sei anni di reclusione, invece, per Orazio Curvà che, in primo grado, aveva subito un verdetto ancor più pesante ad otto anni di detenzione. Cinque anni e otto mesi, invece, per Massimiliano Tomaselli. Quattro anni e due mesi per Pasquale Sanzo. Tre anni e quattro mesi per Simone Nicastro e tre anni per Giuseppe Romano. I giudici d’appello, invece, hanno confermato la condanna a due anni di reclusione per Alessandro Peritore.

Le difese contestano l’esistenza di un gruppo di stidda. Prima di pronunciare il dispositivo, i giudici hanno ascoltato le conclusioni esposte dagli avvocati Michele Micalizzi, difensore insieme al collega Maurizio Scicolone di Emanuele Palazzo, e Salvo Macrì che ha rappresentato le ragioni di Orazio Curvà. I legali di Palazzo hanno sempre escluso che fosse il vertice del gruppo individuato a conclusione dell’inchiesta “Agorà”. Allo stesso modo, l’avvocato Macrì, dopo aver sollevato una questione di legittimità costituzionale circa l’impossibilità del suo assistito di accedere all’eventuale patteggiamento, ha descritto l’imputato come del tutto estraneo alle dinamiche mafiose. I giudici d’appello, a conclusione del giudizio, hanno accolto una parte della linea difensiva disponendo una riduzione delle condanne. Richieste che erano arrivate, oltre che dagli avvocati Micalizzi e Macrì, anche dagli altri legali di difesa Davide Limoncello, Cristina Alfieri, Flavio Sinatra e Enrico Tignini.

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