Malati invisibili alzano la voce, cure a rilento in bunker che sembrano forni

 
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Gela. I bunker del centro di radioterapia sono senza aria condizionata.

Nell’avveniristica struttura sanitaria diretta da Giovanni Cartia operano appena 11 persone, tra dirigente e ausiliario, passando per medici (3), tecnici (2), infermieri (2) e fisici (2). Un organico esiguo per la mole di lavoro. La soluzione adottata dall’Asp di Caltanissetta, davanti all’annoso problema, è stata caratterizzata dal “taglio” delle prestazioni giornaliere: invece di 25 pazienti ne vengono trattati circa 15. Il provvedimento ha avuto ripercussioni negative, facendo lievitare ad un mese la lista dei pazienti in attesa di iniziare un trattamento radioterapico.

Sono questi i numeri che rischiano di sintetizzare il reale stato di salute della sanità locale chiamata a monitorare, prevenire e curare pazienti particolari i area sin (sito di interesse nazionale) che dal tunnel della malattia ne escono spesso solo con la morte.

Una carenza che rischia di disturbare il sonno eterno di Crocifisso Moscato che contro tutto e tutti riuscì fare realizzare nei locali dell’Ospizio Marino un centro di radioterapia e, da postumo, convincere i nostri amministratori a scolpirgli alla memoria il suo nome.

Una carenza sottolineata, oggi, da chi quella battaglia vuole vincerla per tornare ad una vita normale.

Eroi che per la sanità gelese, in particolare, catalogati o meno in “fantomatici registri tumore”, sembrano essere solo dei numeri o meglio un codice: “048”.

Ovvero l’etichetta identificativa di chi è affetto da patologie tumorali, rilasciata dai distretti sanitari perché indispensabile ad accedere al sacrosanto diritto di cura. “Un diritto spesso sottovalutato”.

Come precisano troppi ammalati tumorali e i loro famigliari. Molti di loro, che di problemi ne hanno già abbastanza, sono stati distratti dalle carenze dei servizi sanitari tipiche delle strutture più a sud dell’Asp di Caltanisetta diretta da Carmelo Iacono.

Per ovvii motivi garantiremo l’anonimato a questi eroi che, lontani dalle passerelle politiche e dalle conferenze promosse da chi guadagna con la sanità, toccano con mano tutte le carenze negate davanti ai riflettori compresi i tavoli regionali indetti dalla commissione Sanità, quella presieduta da Pippo Digiacomo, chiamata a denunciare questi orrori. Perché nessuno degli interessati ha ancora detto che per accedere alle terapie del centro radioterapico “Crocifisso Moscato” bisogna aspettare un mese. Nessuno spiega per quale motivo a maggio i pazienti sono stati dirottati a San Cataldo perché i due acceleratori lineari erano entrambi guasti. Nessuno chiarisce per quale motivo dei due acceleratori ne funziona a regime solo uno. Nessuno interviene sull’inaccettabile guasto del sistema di condizionamento all’interno di quei bunker di cemento armato che ospitano i macchinari. Questo silenzio, assordante, crea solchi lungo quel percorso di cura attraversato da migliaia di incolpevoli cittadini. Gli stessi che dopo una banale visita vengono dirottati dai medici di base presso l’unità di chirurgia dell’ospedale per rimuovere dalla cute nei (novi) e crescenze sospette, riconsegnate freddamente dal personale medico dentro una fiala in formalina. “Si rivolga al centro ospedaliero più vicino per farla analizzare”. Con queste parole viene accolto un probabile nuovo codice “048”. Il buongiorno si vede dal mattino…

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