Morte Caterini, in aula sentito ispettore del lavoro: “Pesante tubo per bloccare catasta”

 
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Il cantiere dove perse la vita Caterini (foto Lappa)

Gela. Il pesante tubo che colpì il giovane operaio Gianluca Caterini, morto quattro anni fa in un cantiere nelle Marche, pare dovesse servire per bloccare una catasta, con altri tubi, che intanto era stata collocata in un’area di stoccaggio. A riferire su quanto emerso dagli accertamenti condotti sul posto è stato uno degli ispettori, intervenuto dopo i fatti. Le piogge di quei giorni avrebbero reso il terreno poco stabile e sembra che la catasta di tubi dovesse essere stabilizzata con quello che era movimentato dal gruista ma che colpì Caterini, da poco assunto attraverso un’agenzia interinale. Il giovane riportò ferite molto gravi e nonostante il trasferimento all’ospedale “Mazzoni”, perse la vita. Lo stesso gruista, in abbreviato, ha già patteggiato ad un anno e due mesi di reclusione, davanti al gup del tribunale di Ascoli Piceno. Nel dibattimento, invece, le accuse di omicidio colposo sono mosse a Mario Barbaro, in quel frangente responsabile del cantiere, avviato nella zona di Castel di Lama. L’ispettore ha risposto alle domande delle parti. In aula, è stato sentito anche un operaio, a sua volta impegnato nei lavori. Per la procura marchigiana, ci sarebbero state violazioni per la mancata formazione dei lavoratori, almeno rispetto a quel tipo di situazione. Aspetto che è stato trattato nel corso dell’esame dell’ispettore del lavoro. In aula, per nuovi testimoni, si tornerà a novembre.

Sono nel procedimento, chiamate in causa come responsabili civili, le due aziende alle quali erano riferibili i lavori, Sicilsaldo e Nuova Ghizzoni. E’ uscita dal procedimento, invece, la società di lavoro interinale, che aveva definito l’assunzione. La moglie dell’operaio, anche nell’interesse della figlia, è parte civile, rappresentata dai legali Giuseppe Condorelli e Maria Scuderi. La costituzione era già stata ammessa in fase di udienza preliminare.

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