Morti al clorosoda, “i denti caduti per le carie”: no alla ricusazione dei periti

 
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Gela. Repentina perdita dei denti, danni neurologici e insufficienza renale cronica. Sarebbero questi, stando al collegio peritale sentito nel corso dell’incidente probatorio, gli effetti più immediati dell’esposizione al mercurio.

Manca la causalità. Non ci sarebbero, però, elementi certi per collegare la vicenda degli ex lavoratori dell’impianto cloro soda della fabbrica Eni all’effettiva esposizione al pericoloso mercurio. “Le nostre conclusioni – hanno spiegato in aula i periti – sono state prodotte a seguito degli atti già acquisiti nel procedimento. E’ chiaro che ci sono stati dei buchi ricostruttivi”. Gli esperti hanno risposto alle domande formulate dai pubblici ministeri Serafina Cannatà e Antonio D’Antona oltre a quelle poste dal gip Fabrizio Molinari. Allo stato attuale, sono sedici gli indagati, tutti responsabili o ex funzionari del gruppo Eni. Parti offese, invece, sono decine di ex lavoratori di quell’impianto che ha prodotto morti e gravi patologie. “Se prendiamo in considerazione la caduta dei denti – hanno continuato i periti – ci accorgiamo che nei casi analizzati non si è mai verificata a seguito di una stomatite, sintomo evidente di esposizione a mercurio, ma per cause diverse, con in testa le carie dentali”.

I parametri di rischio. Il botta e risposta tra i pm e i tre periti presenti, i dottori Arnaldo Capelli, Fabio De Giorgio e Salvatore Caputo, è proseguito soprattutto sul fronte dei valori di mercurio individuati dagli esperti come soglia di rischio. “Non si può parlare di parametri fissi – hanno detto i tre – ma ci sono livelli variabili in letteratura per stabilire il cosiddetto cutoff”. Da questo punto di vista, il collegio peritale non ha escluso che le patologie nel tempo abbattutesi sugli ex operatori del cloro soda possano essere state favorite non solo dall’esposizione al mercurio ma anche dalla presenza di altre sostanze pericolose generate da impianti vicini a quell’area.

No alla ricusazione. Intanto, il giudice delle indagini preliminari Fabrizio Molinari ha rigettato la richiesta di ricusazione del collegio peritale formulata dai legali delle parti offese dopo aver scoperto che il gruppo Eni finanzia il progetto “Gemelli Insieme”, sostenuto dal Policlinico Gemelli e dall’università Sacro Cuore, enti di ricerca con i quali collaborano gli stessi periti. Si proseguirà il prossimo 23 gennaio con un nuovo esame dei quattro esperti. 

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