“Non vogliamo diventare la periferia di San Donato Milanese…”, stallo in Eni: si pensa alla mobilitazione

 
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Gela. “Tutti devono fare la loro parte, ad iniziare dalla politica”. Green refinery e trivellazioni al palo. Le rsu del gruppo Eni non escludono nuove forme di mobilitazione. L’accordo firmato lo scorso novembre a Roma, fra i tavoli del ministero dello sviluppo economico, rimane al momento solo sulla carta. I cantieri previsti già lo scorso aprile tardono a partire, il progetto di green refinery viene portato avanti in maniera “molto blanda” e i programmi d’esplorazione e perforazione sono sottoposti a percorsi autorizzativi dei quali poco o nulla si sa. Per questo motivo, gli operatori di tutte le società del gruppo Eni presenti in città, davanti ai segretari provinciali di Filctem, Femca e Uiltec, stanno prendendo in considerazione “forme di mobilitazione e di lotta adeguate alla gravità della crisi”. Dal consiglio di fabbrica delle rsu del gruppo multinazionale esce un chiaro messaggio: nessuno ha intenzione di trovarsi davanti ad un sito industriale trasformato in remota periferia di San Donato Milanese, sede del colosso del cane a sei zampe. I segretari provinciali Gaetano Catania, Francesco Emiliani e Maurizio Castania denunciano “un avanzato stato di esodazione di personale dalla raffineria e l’utilizzo del greggio Gela in altri siti extraregionali. Veri ed efficaci obiettivi che Eni ha perseguito con convinzione. Pertanto – ammettono – serve fare chiarezza in merito ai punti della vertenza sul territorio”.

Tensione ad un anno dalle proteste. Tanti dubbi sono emersi nel faccia a faccia tra sindacati e lavoratori sul fronte del decreto per l’area di crisi complessa che dovrebbe assicurare non solo ammortizzatori sociali per l’indotto ma anche una serie di agevolazioni per i gruppi industriali interessati ad investire in città. Intanto, le segreterie nazionali di Filctem, Femca e Uiltec hanno già ufficialmente chiesto un incontro al ministero dello sviluppo economico sul caso Gela. E’ trascorso un anno dalle proteste della scorsa estate ma gli accordi tardano a concretizzarsi. “A questo punto – spiegano i segretari dei chimici – tutto il territorio deve prendere atto di questa situazione. Se Eni non investe come da programmi, allora le conseguenze saranno estese all’intero tessuto economico locale. Non ci sono più scuse”. Operai dell’indotto fuori dalla fabbrica e operatori del diretto destinati ad altri siti produttivi. Ad un anno dalle proteste, ben poco è cambiato.

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