Omicidio Sequino, i Liardo e Raniolo a giudizio: “Hanno deciso ed eseguito l’agguato”

 
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I Liardo e Raniolo erano accusati dell'omicidio Sequino e sono stati assolti

Gela. Sei colpi di pistola che non gli lasciarono scampo. Il tassista cinquantaseienne Domenico Sequino venne ammazzato nel dicembre del 2015, in pieno centro storico, a pochi passi dalla cattedrale. Un’azione plateale, messa a segno poco prima delle 20, in una zona molto frequentata. Negli scorsi mesi, è arrivata la svolta nelle indagini condotte dai carabinieri e poi affidate ai pm della Dda di Caltanissetta. I presunti mandanti, il quarantaseienne Nicola Liardo e il figlio ventiduenne Giuseppe Liardo, e quello che viene ritenuto il killer del tassista, il trentenne Salvatore “Tony” Raniolo, vanno a giudizio. Il gip del tribunale di Caltanissetta ha accolto la richiesta di giudizio immediato avanzata nei confronti dei tre dai pm della Dda Matteo Campagnaro e Nadia Caruso, che hanno chiuso le indagini. I magistrati, anche all’esito degli interrogatori, sono certi che furono i Liardo a dare l’ordine di uccidere Sequino e ad agire sarebbe stato Raniolo. Dovranno presentarsi davanti ai giudici a giugno. Dopo gli arresti, i tre, difesi dagli avvocati Flavio Sinatra e Davide Limoncello, hanno negato di aver mai pianificato l’omicidio, spiegando di non aver alcun legame con l’azione di sangue. Secondo le accuse, Nicola Liardo e il figlio Giuseppe avrebbero invece organizzato la spedizione di morte, per vendicarsi di un presunto debito di denaro. Sequino si sarebbe impadronito di somme che Nicola Liardo gli aveva fatto avere per investirle nel nord Italia. Da quanto emerso, i soldi sarebbero però rimasti nella disponibilità del tassista. Un affronto che i Liardo gli avrebbero fatto pagare con la morte. L’omicidio sarebbe stato pianificato durante i colloqui in carcere. Nicola Liardo, da anni, è ritenuto uno dei riferimenti del gruppo locale di Cosa nostra. Dagli atti di indagine sono emersi altri motivi di contrasto tra i Liardo e Sequino.

La vittima, solo poco tempo prima dell’agguato, sarebbe intervenuto per evitare che un imprenditore a lui vicino venisse sottoposto ad estorsione da padre e figlio. Altri elementi che avrebbero incrinato ulteriormente i rapporti, fino poi alla sera dell’omicidio. Tutti fatti che gli indagati hanno sempre escluso. Raniolo, che avrebbe agito insieme ad un complice (allo stato non identificato), ha a sua volta negato di aver ucciso il tassista. Ha escluso che quella sera si trovasse in centro storico. La famiglia di Sequino, la moglie e i figli, fin dal primo momento hanno seguito le indagini, chiedendo a gran voce che si facesse chiarezza sull’uccisione del cinquantaseienne. E’ probabile che con il patrocinio dell’avvocato Salvo Macrì, che ha seguito l’inchiesta nel loro interesse, verrà formalizzata la costituzione di parte civile.

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