Sequino ammazzato dai Liardo, contrasti per soldi e un’estorsione saltata: ecco i particolari

 
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Gela. Volevano i soldi che avevano consegnato a Domenico Sequino e che il tassista avrebbe dovuto reinvestire al nord, attraverso presunti canali illeciti. Il suo omicidio lo avrebbero decisero Nicola Liardo e il figlio ventiduenne Giuseppe. L’ordine sarebbe partito dal carcere. A sparare, in pieno centro storico e a pochi giorni dal Natale di quattro anni fa, sarebbero stati Salvatore Raniolo, compagno della figlia di Liardo, e un altro killer, al momento non identificato. I carabinieri della sezione operativa e i pm della Dda di Caltaissetta hanno incastrato padre e figlio, attraverso intercettazioni ambientali e i primi particolari sarebbero emersi nel corso dell’inchiesta “Donne d’onore”, che ha coinvolto l’intero nucleo familiare dei Liardo, e di quella ribattezzata “Extra fines”, contro i Rinzivillo.

Sequino, secondo le indagini, si sarebbe intromesso in un’estorsione portata avanti dai Liardo, tentando di difendere l’imprenditore che era stato messo nel mirino da padre e figlio. Uno sgarro che gli sarebbe costato la vita. La famiglia Sequino, dal momento dell’avvio delle indagini, ha seguito la procedura, affidando mandato all’avvocato Salvo Macrì.

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