“Spaccata” alla gioielleria, l’estorsione per la refurtiva: appello per i due coinvolti

 
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La "spaccata" venne ripresa dai sistemi di videosorveglianza dell'attività commerciale

Gela. Le condanne risalgono all’estate dello scorso anno e il collegio penale del tribunale individuò responsabilità, per estorsione, sia a carico di Giacomo Di Noto che per la posizione di Dario Gagliano. Entrambi furono coinvolti nell’indagine successiva alla “spaccata” della gioielleria “Rachele”, in centro storico. Nei loro confronti si è aperto il giudizio di appello. I difensori, gli avvocati Flavio Sinatra e Cristina Alfieri, hanno impugnato le condanne. Per Di Noto, in primo grado, la pena è stata definita ad otto anni e quattro mesi di detenzione; cinque anni, invece, per Gagliano. Secondo gli investigatori, operarono da tramite, riuscendo a far recuperare gran parte della refurtiva ai proprietari dell’attività. Il bottino ammontò, secondo gli agenti di polizia del commissariato, a non meno di settantamila euro, tra monili e preziosi. L’accusa di ricettazione è caduta al termine del giudizio di primo grado ma è rimasta quella di estorsione. I titolari della gioielleria, secondo la ricostruzione, avrebbero anche fatto avere un orologio Hamilton a Di Noto, per favorire la restituzione di quanto era stato rubato. Per il colpo, arrivarono tre condanne. Di Noto e Gagliano invece avrebbero fatto da intermediari.

Contestazioni respinte da entrambi. I legali, già in primo grado, hanno ricostruito movimenti bancari e disponibilità effettive, anche degli imputati. Non ci sarebbero state anomalie, almeno secondo la linea difensiva. Su Di Noto, si concentrarono le attenzioni degli investigatori, anche per un precedente legato ai clan. Gli imputati, nei giorni successivi al furto, vennero monitorati e intercettati. Avrebbero avuto contatti con alcuni familiari dei titolari della gioielleria. In aula, si tornerà a maggio.

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