Strani crolli e minacce: I beni confiscati a Rosario Caci preoccupano le associazioni

 
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Gela. Presunte intimidazioni e procedure burocratiche decisamente lente stanno contribuendo ad alimentare la rabbia dei componenti delle associazioni che, tra Liguria e Piemonte, si occupano di gestire i beni immobili confiscati ad uno degli storici esponenti delle cosche gelesi trapiantato al nord.

Rosario Caci, infatti, viene considerato dagli inquirenti affiliato di spicco del gruppo mafioso legato alla famiglia Emmanuello. 
Sotto chiave, dopo i provvedimenti di confisca firmati dai magistrati liguri e piemontesi, finirono tre bassi ed un appartamento a Genova insieme ad una cascina realizzata a Bosco Marengo, in provincia di Alessandria. 
“I lavori di ristrutturazione della cascina di Bosco Marengo – spiega il responsabile della sezione alessandrina di Libera Carlo Piccini – stanno procedendo con molta lentezza. Purtroppo, le risorse a disposizione sono limitate. Abbiamo dovuto affrontare diversi problemi, compreso un misterioso crollo del tetto della struttura che, fino a qualche tempo fa, era intestata alla moglie di Rosario Caci. Non abbiamo certezze ma, chiaramente, il crollo è stato anomalo. Ci hanno segnalato problemi dello stesso tipo anche per gli immobili confiscati alla famiglia Caci a Genova. Evidentemente, non tutti hanno accettato di buon grado la perdita degli immobili”. 
Veri e propri episodi d’intimidazione sono stati pubblicamente denunciati, invece, dai membri dell’associazione genovese Casa della legalità che, addirittura, sarebbero stati affrontati in piena strada dallo stesso Caci e dai parenti dell’uomo. Nel centro storico del capoluogo ligure, in vico delle Mele, al cinquantottenne gelese sono stati confiscati tre bassi e un appartamento.
Più volte i rappresentanti dell’associazione hanno lamentato ritardi e tentativi, da parte della stessa famiglia Caci, di riappropriarsi dei beni o, comunque, di ostacolarne qualsiasi tentativo di riutilizzo sociale. Gli immobili della discordia, sia in Liguria che in Piemonte, vennero definitivamente confiscati al presunto boss gelese oramai otto anni fa. 
Se a Bosco Marengo l’obiettivo è quello di ricavare nella cascina, dedicata al giudice siciliano Antonino Saetta e al figlio uccisi da killer di mafia, un vivaio; per gli immobili genovesi non è ancora chiara l’eventuale soluzione.

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