Sud smantellato dall’Unità d’Italia, le eccellenze trasferite a nord

 
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Primo Piroscafo nel Mediterraneo per l’America (il “Sicilia”)

Gela. Il Regno delle due Sicilie fu la prima nazione ad esportare in Russia, instaurando anche solidi rapporti commerciali con l’America. Gli armatori De Pace, con le loro navi, collegavano l’Europa con il Nuovo Mondo e i Florio avevano iniziato la loro scalata industriale e commerciale. Fu nel Regno delle due Sicilie, il 3 ottobre 1839, ad essere inaugurata la prima ferrovia in Italia, la Napoli-Portici.
Una riuscita iniziativa industriale, impregnata di socialismo, fu la colonia di San Leucio, nei pressi di Caserta, chiamata Ferdinandopoli in onore del penultimo re borbonico che ne fu il fondatore. Una sorte di “Comune”. La “Città del Sole” di Tommaso Campanella non era più una utopia; una città socialista in cui gli operai, con pari diritti e doveri, autogestivano il proprio lavoro, producendo seta con tecniche avanzatissime. Quando, dopo l’Unità d’Italia, nel 1866, fu nazionalizzata, Ferdinandopoli cadde in disgrazia, fallì e fu volutamente chiusa.
Prima dell’annessione, il Regno del Sud, nel settore dell’industria, contava 2 milioni di occupati a fronte dei 400.000 della Lombardia, possedendo 443 milioni di moneta in oro, ossia l’85% delle riserve auree di tutte le province.
Ma anche in Sicilia, in quei tempi, al pari dei territori continentali del Regno di Napoli, era tutto un fiorire di iniziative economiche.
La Sicilia, alla condizione di regione depressa venne condannata non prima, ma dopo l’arrivo di Garibaldi.
La favola di una Sicilia e del Sud irrimediabilmente negati a ogni forma di sviluppo industriale faceva parte di un alibi tendente, successivamente, a giustificare una politica di asservimento del Mezzogiorno all’esclusivo ruolo di mercato e sbocco dei consumi dei prodotti agricoli e industriali del Nord.
Ancora prima dell’Unità, fioriva nelle due maggiori città dell’Isola, Palermo e Catania, l’industria della seta esportata con successo, per la qualità dei suoi prodotti, nei mercati europei e mediterranei.
L’industria del tabacco produceva migliaia di tonnellate di manufatti all’anno, occupando tra operai e indotto, diverse migliaia di unità lavorative.
Fiorenti, a quei tempi, erano anche le attività cantieristiche, navali, metalmeccaniche, chimiche, della lavorazione del cotone e del lino, l’industria conserviera, la produzione e la commercializzazione dei vini e l’estrazione e la lavorazione dello zolfo, quest’ultima la più importante e ricca d’Europa.

Vero fiore all’occhiello, poi, dell’economia isolana era la flotta mercantile con la compagnia Florio che gareggiava con le principali marinerie del Mediterraneo.
Nel decennio che va dal 1850 al 1860 era stato varato, dal punto di vista amministrativo, un notevole numero di provvedimenti, a salvaguardia dell’economia isolana, di innegabile portata. Fu costituito un debito pubblico con un immediato risveglio nel movimento dei capitali.
Fu creato il Banco Autonomo di Sicilia, due casse di sconto e numerose casse di risparmio.
Costituita la redimibilità dei censi degli enti morali, ripristinato il libero cabotaggio tra l’Isola e il continente e istituito il fido doganale.
Istituito il Portofranco di Messina, riorganizzato e aggiornato il catasto fondiario e creato ex novo il genio civile.
Con l’Unità d’Italia di tutto questo non rimase più nulla. Il nascente sistema industriale e le risorse del Sud furono progressivamente smantellate e trasferite al Nord. E fu appunto allora che con l’Unità d’Italia sorse “La questione meridionale”.
A tal proposito Edmondo Capocelatro e Antonio Carlo due insigni scrittori d’economia che nel loro libro: “La questione meridionale – Studio sulle origini dello sviluppo capitalistico in Italia” edizioni la Nuova Sinistra del 1972, testualmente sostengono tra l’altro:
“Anche dal punto di vista sociologico politico l’arretratezza e l’ottusità della borghesia meridionale è una colossale invenzione e mistificazione storica. Resta perciò da chiarire perché, pur non essendo questa borghesia inferiore a quella del Nord per forza economica e lungimiranza politica, essa venisse praticamente distrutta o quanto meno soggiogata. Le cause del sottosviluppo del Sud e della Sicilia che, al momento dell’Unità, non era inferiore al Nord sono da individuare nell’azione dello Stato unitario dominato dalla borghesia settentrionale, attraverso il soffocamento della nascente industria meridionale, la legge sul corso forzoso e il protezionismo che si concluse con la definitiva subordinazione e la integrazione dell’economia meridionale nello sviluppo capitalistico del triangolo industriale del nuovo stato unitario”.
E fu così, con l’impoverimento e le spoliazioni del Sud e della Sicilia, che iniziarono i grandi flussi migratori del sud e dalla Sicilia verso le Americhe, verso altri Stati europei e verso altri Paesi del mondo. Prima della costituzione del nuovo Stato unitario, ossia prima del 1860, negli Stati Uniti, per esempio, si contavano molti emigranti del Nord e niente del Sud. L’impoverimento e lo stravolgimento delle regioni meridionali invertirono tali tendenze.
Le rimesse e i risparmi degli emigranti meridionali finirono poi, negli anni a venire, paradossalmente, per favorire lo sviluppo delle fiorenti industrie del Nord e l’acquisto delle materie prime necessarie alla loro crescita.
Le enormi risorse drenate e rapinate, i grandi sacrifici imposti, l’impoverimento del Sud a favore del Nord, le repressioni soffocate nel sangue furono un prezzo che il Mezzogiorno e la Sicilia furono costretti a pagare, più di tutti gli altri, al processo di Unità nazionale. E nella perdurante logica economica che si instaurò allora un Paese “programmato” a due velocità con un Nord ricco e produttivo e un Sud povero, colonizzato ed assistito che ancora oggi continuiamo a pagarne le drammatiche conseguenze. E ancora oggi dobbiamo ascoltare gli ignoranti nordisti a sostenere che ci hanno mantenuti e che si rifiutano di affittarci le camere per abitazione.
I libri di scuola dicono che il Regno delle Due Sicilie era arretrato e povero, ma non era così.
Ecco, in sintesi, quali erano i primati del Regno, tratti da “Le industrie del Regno di Napoli” di Gennaro De Crescenzo.
I primati del Regno delle Due Sicilie:
1735. Prima Cattedra di Astronomia in Italia
1737. Costruzione S. Carlo di Napoli, il più antico teatro d’Opera al mondo ancora operante
1754. Prima Cattedra di Economia al mondo
1762. Accademia di Architettura, tra le prime in Europa
1763. Primo Cimitero Italiano per poveri (Cimitero delle 366 fosse)
1781. Primo Codice Marittimo del mondo
1782. Primo intervento in Italia di Profilassi Antitubercolare
1783. Primo Cimitero in Europa per tutte le classi sociali (Palermo)
1789. Prima assegnazione di “Case Popolari” in Italia (San Leucio a Caserta, con 2500 dipendenti)
1789. Prima assistenza sanitaria gratuita (San Leucio)
1792. Primo Atlante Marittimo nel mondo (Atlante Due Sicilie)
1801. Primo Museo Mineralogico del mondo
1807. Primo Orto Botanico in Italia a Napoli
1812. Prima Scuola di Ballo in Italia, gestita dal San Carlo
1813. Primo Ospedale Psichiatrico in Italia (Real Morotrofio di Aversa)
1818. Prima nave a vapore nel mediterraneo “Ferdinando I”
1819. Primo Osservatorio Astronomico in Italia a Capodimonte
1832. Primo Ponte sospeso, in ferro, costruito dalle acciaerie di Mongiana in Europa sul fiume Garigliano
1833. Prima Nave da crociera in Europa “Francesco I”
1835. Primo Istituto Italiano per sordomuti
1836. Prima Compagnia di Navigazione a vapore nel mediterraneo
1839. Prima Ferrovia in Italia, tratto Napoli -Portici
1839. Prima illuminazione a gas in una città italiana, terza dopo Parigi e Londra
1840. Prima fabbrica metalmeccanica d’Italia per numero di operai (Pietrarsa)
1841. Primo Centro Sismologico in Italia, sul Vesuvio
1841. Primo sistema a fari lenticolari a luce costante in Italia
1843. Prima Nave da guerra a vapore d’ Italia “Ercole”
1843. Primo Periodico Psichiatrico italiano, pubblicato al Reale Morotrofio di Aversa
1845. Primo Osservatorio meteorologico d’Italia
1845. Prima Locomotiva a vapore costruita in Italia a Pietrarsa
1852. Primo Bacino di Carenaggio in muratura in Italia (Napoli)
1852. Primo Telegrafo Elettrico in Italia
1852. Primo esperimento di illuminazione elettrica in Italia, a Capodimonte
1853. Primo Piroscafo nel Mediterraneo per l’America (il “Sicilia”)
1853. Prima applicazione dei principi della Scuola Positiva Penale per il recupero dei malviventi
1856. Expò di Parigi, terzo paese al mondo per sviluppo industriale
1856. Primo Premio Internazionale per la produzione di Pasta
1856. Primo Premio Internazionale per la lavorazione di coralli
1856. Primo sismografo elettrico al mondo, costruito da Luigi Palmieri
1860. Prima Flotta Mercantile e Militare d’Italia
1860. Prima Nave ad elica in Italia “Monarca”
1860. La più grande industria navale d’Italia per numero di operai (Castellammare di Stabia)
1860. Primo tra gli Stati italiani per numero di orfanotrofi, ospizi, collegi, conservatori e strutture di assistenza e formazione
1860. La più bassa mortalità infantile d’Italia
1860. La più alta percentuale di medici per numero di abitanti in Italia
1860. Primo piano regolatore in Italia, per la città di Napoli
1860. Prima città d’Italia per numero di Teatri (Napoli)
1860. Prima città d’Italia per numero di Tipografie (Napoli)
1860. Prima città d’Italia per di Pubblicazioni di Giornali e Riviste (Napoli)
1860. Primo Corpo dei Pompieri d’Italia
1860. Prima città d’Italia per numero di Conservatori Musicali (Napoli)
1860. Primo Stato Italiano per quantità di Lire -oro conservata nei banchi Nazionali (443 milioni, su un totale 668 milioni messi insieme da tutti gli stati italiani, compreso il Regno delle Due Sicilie)
1860. La più alta quotazione di rendita dei Titoli di Stato
1860. Il minore carico Tributario Erariale in Euro.
È ormai ricorrente, da parte di una prevalente pubblicista (Ignazio Coppola) che ha avviato da tempo una attenta e illuminata revisione storica, l’opinione che, prima dello sbarco dei Mille, nel Regno delle due Sicilie era in atto un vero e proprio miracolo economico. Un pubblicista (Ignazio Coppola) che, attraverso studi e documentate ricerche, tende a dimostrare, a differenza di quanto sinora ci hanno raccontato, che nel Sud, ancor prima dell’Unità d’Italia, era stato avviato un proficuo e significativo processo di industrializzazione.
Quando Garibaldi, prima del 1860, si incontrò in America Latina con gli emigrati, questi erano quasi tutti settentrionali. I meridionali, a quel tempo, a casa loro ci stavano bene. Il Regno delle due Sicilie possedeva la seconda flotta di Europa (9.848 bastimenti con 259.910 tonnellate di stazza totale), un debito pubblico ininfluente, una moneta forte. Il complesso siderurgico di Pietrarsa, nel Napoletano, vantava un fatturato che al Nord si sognavano.

1 commento

  1. Consiglierei a Maganuco – ma so già che sarà inutile – di scegliere con maggior cura gli autori e le “opinioni” da cui attingere notizie per evitare le correzioni che lui poi non legge. Ne indico solo qualcuna tra le decine che l’articolo richiederebbe. 1. La nave ritratta nella foto che troneggia in testa all’articolo è un piroscafo “Sicilia” costruito nel 1900 nei cantieri genovesi di Riva Trigoso per la NGI, non quella dei De Pace che era affondata il 2o ottobre 1854 nel corso del suo secondo viaggio. 2. Nel 1860 la flotta Florio comprendeva cinque piroscafi per un totale di 1200 tonnellate; nel febbraio 1877 i piroscafi erano ormai 41, e continueranno ad aumentare negli anni seguenti. 3. Ancora nel 1860 in Sicilia non c’era una sola Cassa di risparmio. 4. Dopo il 1860 non fu smantellata e trasferita al nord una sola azienda: e infatti nessuno fa mai un esempio di questi “trasferimenti”. 5. Sulla serietà dei “primati” qui trascritti, rilevo che vi figura ancora la classificazione delle Due Sicilie come “terzo al paese al mondo per sviluppo industriale”, Parigi 1856, che ho già dimostrato essere una totale invenzione. 6. In Russia si esportava già ai tempi dell’impero romano. 7. Lo zolfo siciliano veniva purtroppo esportato grezzo, mancando nell’isola industrie chimiche fatta eccezione per quella di Porry, Florio e Ingham. 8. Circa la flotta mercantile del Regno delle Due Sicilie, ecco i dati relativi alle tre principali marine preunitarie nel 1858: Regno di Sardegna: bastimenti 2908, tonnellaggio 208.218; Venezia e Trieste, bastimenti 3.351, tonnellaggio 350.899; Regno delle Due Sicilie, bastimenti 11.052, tonnellaggio 272.305. Come si vede la marineria borbonica era prima per numero di imbarcazioni ma seconda per tonnellaggio e addirittura terza per tonnellaggio medio poiché oltre 6000 battelli avevano una stazza inferiore alle 10 tonnellate. Quanto alla classifica europea, la flotta inglese aveva 4.669.000 tonnellate di stazza, quella francese 1.011.000, quella tedesca 808.000. Come faccia quella del regno delle Due Sicilie a risultare seconda, è un piccolo mistero. 9. Capecelatro e Carlo, che da comunisti erano lontani secoli-luce dal neoborbonismo, sulla condizione della Sicilia borbonica scrivono alle pp. 54-55:”Il regime borbonico […] preferì lasciare l’isola, che non aveva più manifatture di interesse relativamente notevole da proteggere, nel suo stato di paese produttore prevalentemente di zolfo e derrate, servendosene per lo sviluppo dei territori continentali”. Mi sembra un giudizio molto chiaro.

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