Blitz “Parenti serpenti”, molti degli indagati non parlano: tutto iniziò da un maxi furto da oltre 90 mila euro

 
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Gela. La linea adottata dagli indagati dopo il blitz “Parenti serpenti” è quella di non rispondere alle domande del gip Veronica Vaccaro.

Il furto da novantamila euro. Sono accusati di spaccio di droga e furti. A coordianare l’indagine degli agenti di polizia sono stati i magistrati Lucia Lotti e Lara Seccacini. Molti degli arrestati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere durante gli interrogatori di garanzia. Una scelta adottata dai fratelli Giovanni e Klisman Rinzivillo. Entrambi, però, hanno deciso di rilasciare dichiarazioni spontanee. La difesa di Klisman Rinzivillo, rappresentata dagli avvocati Carmelo Tuccio e Giuseppe Ferrara, ha però sottolineato come il giovane fosse già detenuto nel periodo delle contestazioni mosse dai magistrati della procura. Il ventiduenne è accusato di aver messo a segno un furto da oltre novantamila euro all’interno di un’abitazione. Giovanni Rinzivillo, difeso dall’avvocato Maurizio Scicolone, ha a sua volta contestato gran parte delle accuse mossegli. Il legale ha prodotto un’istanza di scarcerazione.

Di Fede ammette alcuni fatti. Ha scelto di parlare, invece, il ventiquattrenne Alessandro Di Fede. Assistito dall’avvocato Salvo Macrì, ha ammesso diversi fatti finiti nell’ordinanza di custodia cautelare. Il giovane, però, ha anche ammesso di aver cambiato vita: quei fatti sarebbero legati ad un periodo oramai messo alle spalle. Nel carcere di Balate, sono stati sentiti anche Carmelo Giorlando, difeso dall’avvocato Mariella Giordano, e Sebastiano Sardo, assistito dal legale Rocco Di Dio.

Per Liparoti sollevata l’incomptenza territoriale. In tribunale, sempre davanti al gip Veronica Vaccaro, sono stati sentiti Gaetano Trubia ed Emilio Liparoti, difesi dall’avvocato Filippo Spina. Trubia si è avvalso della facoltà di non rispondere. E’ sottoposto all’obbligo di firma. Per Liparoti, invece, proprio l’avvocato Spina ha sollevato un’eccezione d’incompetenza territoriale dei giudici gelesi. Il furto contestato al suo assistito sarebbe stato messo a segno a Niscemi nel 2013 quando per quel territorio sussisteva ancora la competenza del tribunale di Caltagirone. Liparoti, peraltro, è già sottoposto ad un procedimento penale per lo stesso fatto proprio davanti ai magistrati calatini. Si trova attualmente agli arresti domiciliari.

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