Descalzi dà i numeri…alla commissione parlamentare, per Eni “a Gela è tutto in linea”: “Occupazione oltre le aspettative”

 
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Gela. “Eni è in linea con quanto previsto nel protocollo firmato a novembre 2014”.


“Fino ad ora speso mezzo miliardo di euro”. Il refrain della multinazionale l’ha ribadito l’amministratore delegato Claudio Descalzi, sentito nelle scorse settimane dai componenti della commissione attività produttive della Camera dei deputati. A chiedere lumi sul progetto Gela, sono stati quelli del gruppo parlamentare del Pd. A Roma, i dem sono stati informati che qualcosa, a Gela, non sta andando per il verso giusto, con centinaia di operai che hanno perso il posto di lavoro e una green refinery che ancora non si vede. Il loro premier Matteo Renzi, a Ferragosto di tre anni fa, aveva promesso qualcosa di diverso, ma tant’è. Così, dopo le richieste arrivate dal segretario cittadino Peppe Di Cristina ma anche dai giovani del Pd, i parlamentari del loro stesso partito hanno chiesto al manager di capire se l’azienda sia ancora interessata ad investire in città. Descalzi ha detto sì. “L’impegno di spesa complessivo previsto dal programma – ha spiegato – è pari a 2,2 miliardi di euro, dei quali, dalla firma del protocollo fino a fine giugno 2017, ne sono stati spesi circa 535 milioni di euro. In alcune circostanze le tempistiche di avvio degli interventi sono state vincolate dal rilascio delle opportune autorizzazioni, come nel caso della Green Refinery e degli interventi di bonifica ambientale, o da ricorsi amministrativi che hanno impattato sulle attività upstream”. Insomma, come al solito i ritardi sono causati dalla lentezza burocratica. Per l’a.d. del cane a sei zampe, comunque, l’iter autorizzativo, almeno sul fronte della green refinery, si doveva concludere entro luglio. Ad oggi, però, mancano ancora autorizzazioni per impianti nevralgici del nuovo sistema di riconversione dello stabilimento di contrada Piana del Signore.

“Occupazione oltre le aspettative”. Eni esclude che non siano stati rispettati i patti in tema di occupazione e il manager, davanti ai parlamentari, ha dato i suoi numeri. “I risultati conseguiti dimostrano che Eni è andata oltre gli impegni assunti con il protocollo facendo registrare – ha detto – un impiego medio annuo di risorse superiore al numero di unità indicate nell’accordo. In particolare dai dati a consuntivo risulta che già nel 2015 l’impiego di risorse è stato superiore del diciotto per cento rispetto alle 900 unità indicate nel protocollo e che anche nel 2016 è stato confermato il dato di incremento percentuale facendo registrare un impiego medio annuo di risorse dell’indotto superiore alle 1400 unità rispetto all’impegno previsto nel protocollo di impiegarne 1200. Nel 2017 i dati del primo semestre mostrano che il livello di occupazione dell’indotto ha superato in media le 1450 risorse rispetto l’impegno indicato nel protocollo di 1000, con un trend in crescita da gennaio a giugno, mese nel quale si è raggiunta la cifra record di circa 1600 unità. Per quanto concerne l’occupazione diretta, il personale Eni a Gela si attesta intorno alle 1040 unità. Relativamente alla raffineria, a fine giugno scorso le risorse presenti erano pari a 427 rispetto agli impegni del protocollo che stabilivano un valore di 400 unità delle 980 presenti alla firma dell’accordo”. Quindi, Eni, a dire di Descalzi, è andata ben oltre le aspettative. Mentre i numeri sono stati portati sul tavolo della commissione parlamentare, in città sono stati proprio i consiglieri comunali del Pd, lo stesso partito del sindaco Angelo Fasulo che ha firmato quel protocollo insieme alla Regione e ai sindacati, a parlare di un “bagno di sangue” occupazionale.

“Bonifiche? Tutti i cantieri autorizzati vanno avanti”. Descalzi, inoltre, ha ribadito l’interesse di Eni per il progetto del polo del gas naturale liquefatto, cavallo di battaglia dell’amministrazione comunale e previsto nell’accordo di programma, e per quello dell’impianto “waste to oil”, destinato all’uso dei rifiuti organici per la produzione di bio olio. I numeri di Eni Descalzi li ha forniti anche su un tema quanto mai insidioso, quello delle bonifiche industriali in una città che paga a caro prezzo, con morti e malati, la presenza dell’industria pesante. “Ad oggi – si legge nella relazione rilasciata ai parlamentari – tutte le attività di risanamento autorizzate sono concluse o in corso di realizzazione. Dalla firma del protocollo sono stati spesi circa 104 milioni di euro e avviati trentasette cantieri di cui quattordici già completati. Di significativa rilevanza nel 2016 l’apertura del cantiere per l’avvio della dismissione completa degli impianti ed il risanamento delle aree dell’ex impianto di acido fosforico della società Isaf spa”. Insomma, per Eni è “tutto in linea con il protocollo di tre anni fa”, anzi i risultati sarebbero addirittura migliori. Per il Pd, come confermato dal segretario cittadino Peppe Di Cristina, “il futuro della città non può prescindere da un rilancio industriale e sarà utile monitorare la profittabilità delle iniziative del protocollo”. Gli operai, soprattutto quelli dell’indotto, sembrano invece meno convinti, “dilaniati” dai licenziamenti.

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