Giro d’estorsioni, vittime ridimensionano accuse contro gruppo Alferi

 
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Gela. Hanno notevolmente ridimensionato le accuse mosse nei confronti di ventotto presunti esponenti di un gruppo criminale che sarebbe stato capeggiato dal cinquantenne Giuseppe Alferi.

Ieri mattina, nell’aula bunker del palazzo di giustizia di Caltanissetta, due commercianti ed un imprenditore edile, tutti gelesi, sono stati sentiti davanti al giudice dell’udienza preliminare Alessandra Bonaventura Giunta. Si è trattato dell’incidente probatorio scaturito dalla maxi inchiesta antimafia Inferis.
Gli indagati sono accusati di aver costituito una vera e propria organizzazione criminale, finalizzata ad imporre la messa a posto di molti esercenti locali ed il monopolio nel settore della raccolta del ferro.
I titolari di due centri specializzati nella rivendita di pneumatici in via Venezia e in via Recanati e l’imprenditore edile, impegnato in un cantiere di via Picasso, hanno escluso di aver subito pressioni dagli indagati.
In base alle dichiarazioni rese in aula, si sarebbero soltanto limitati a mettergli a disposizione ferro non più utilizzato che alcuni membri della presunta banda avrebbero successivamente ritirato.
Ammissioni che, in questo modo, hanno in parte confermato la linea difensiva organizzata dagli indagati e dai loro legali. In aula, infatti, erano presenti gli avvocati Carmelo Tuccio, Nicoletta Cauchi, Giacomo Ventura, Cristina Alfieri, Salvo Macrì, Giovanna Zappulla e Giovanni Lomonaco.
Alle domande poste dai pubblici ministeri ha risposto anche Simone Nicastro, indagato in un procedimento connesso. Il presunto affiliato al gruppo della stidda ha smentito le ricostruzioni fornite ai magistrati dal fratello e collaboratore di giustizia Davide che, a suo dire, non avrebbe mai fatto parte di alcuna organizzazione criminale.
Si è avvalso della facoltà di non rispondere, invece, il presunto boss Emanuele Palazzo, arrestato a conclusione dell’indagine Agorà. Sono stati notificati tutti gli avvisi di conclusione delle indagini. Oltre all’associazione a delinquere di stampo mafioso, ai ventotto viene contestato il reato di smaltimento illecito di rifiuti speciali.

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