I clan volevano la messa a posto da Pesarini, due anni e nove mesi a Sortino e Gattuso

 
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Immagini di repertorio

Gela. Avrebbero fatto pressioni sull’imprenditore Roberto Pesarini, che in quel periodo con la sua azienda gestiva un subappalto per lavori commissionati dall’ex Provincia di Caltanissetta, nella zona di Desusino. Massimiliano Sortino e Mario Gattuso sono stati condannati a due anni e nove mesi di reclusione ciascuno. Secondo quanto ricostruito dai pm della Dda di Caltanissetta, l’imprenditore avrebbe dovuto accettare l’imposizione delle forniture da aziende vicine ai due imputati, ritenuti referenti del clan dell’agrigentino e di Riesi. I lavori appaltati riguardavano un tratto della statale 115 Gela-Licata. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Marica Marino e Silvia Passanisi), ha emesso una decisione ancora più pesante, rispetto alle richieste avanzate dal pubblico ministero Davide Spina (aveva chiesto due anni per entrambi). E’ stata riconosciuta l’aggravante di aver favorito i clan. L’imprenditore, però, denunciò tutto. Dalle indagini è emerso che il presunto tramite sarebbe stato Maurizio La Rosa, in quella fase ritenuto referente di Cosa nostra gelese. Per primo avrebbe avvicinato il fratello di Pesarini, facendogli capire che dovevano mettersi a posto. Le difese hanno respinto la ricostruzione dei pm della Dda, escludendo le intimidazioni.

Dubbi sono stati sollevati anche sul riconoscimento dei presunti estorsori. Il collegio ha disposto il diritto al risarcimento dei danni in favore dell’imprenditore, parte civile nel giudizio, rappresentato dall’avvocato Guglielmo Piazza. Il legale ha ribadito che la vittima delle pressioni scelse di denunciare, essendo stato in passato più volte al centro di pretese mafiose.

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