Il cantiere dove morì Romano è ancora pericoloso, i periti rimandano l’ispezione

 
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Gela. La zona teatro dell’incidente mortale sul lavoro non è ancora in sicurezza. Per questo motivo l’incidente probatorio previsto ieri mattina è slittato di un mese. quattro periti sono stati incaricati di stabilire quali sono stati le cause che hanno provocato la morte di Gianfranco Romano, ucciso da un tubo di otto tonnellate all’interno del porto isola.

I quattro ingegneri però hanno chiesto alla Raffineria ed alla Cosmi Sud una serie di accorgimenti tecnici prima di procedere ad una nuova ispezione. In una lettera hanno scritto che il sito è ancora pericoloso. Il tubo che ha schiacciato l’operaio è scostato dal resto del resto dalla catasta di tubolari, per cui ancora a rischio. Giuseppe Morselli, Marco Caterini, Claudio Tandurella e Ruben Giamporcaro sono chiamati ad accertare quali sono stati i motivi della morte dell’operaio, se siano state prese tutte le precauzioni possibili in termini di sicurezza e se i movimenti e stoccaggio dei tubi sia avvenuto in maniera regolare, individuando anche gli ambiti di competenza di ogni indagato.

Sono otto tra persone fisiche e giuridiche, indagate per la morte dell’operaio. L’operaio è stato travolto da un tubo di metallo del diametro di 120 centimetri, della lunghezza di 24 metri e del peso di circa 8 tonnellate. L’incidente è avvenuto all’interno del cantiere situato presso l’isola 6 della Raffineria, posto in prossimità della radice del pontile del porto isola. 

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