Il caso Eni, Calabrese attacca: “La raffineria sta morendo…tanti possono ma non fanno niente”

 
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Calabrese ritiene essenziale ripartire dall'area di crisi

Gela. “La raffineria Eni sta morendo nel silenzio generale. Mi rivolgo soprattutto a chi può ma non fa nulla per fermare questo declino”.

“Ci troviamo con niente in mano…”. Il segretario provinciale della Uilm Nicola Calabrese prende posizione davanti alla deriva dell’indotto Eni. “Decine di operai non hanno più la certezza del lavoro – spiega – ci era stata promessa una raffineria verde che avrebbe attratto investimenti per milioni di euro. Oggi, ci troviamo con niente in mano e con gli ammortizzatori sociali in scadenza. La politica deve prendere coscienza di quello che sta accadendo alla più importante realtà economica di tutto il territorio”. Il segretario dei metalmeccanici della Uil, a questo punto, come i colleghi delle altre sigle sindacali, attende l’esito del vertice in prefettura fissato per giovedì mattina.

“La raffineria riusciva a resistere sul mercato”. “Ad oggi non è stato compiuto alcun passo – continua – molti operai vedono svanire definitivamente la possibilità di continuare a lavorare nella loro terra. Il protocollo che avrebbe dovuto assicurare l’avvio del bacino di disponibilità non è mai entrato in vigore. Tutto si è fermato. La raffineria riusciva a resistere sul mercato nonostante tutte le difficoltà provenienti dal territorio e le tante provocazioni messe in campo da molti che aveva interesse soprattutto ad accreditarsi”. Per questo motivo, Calabrese chiede che si concretizzi il tavolo di confronto al ministero dello sviluppo economico sia sul piano dell’accordo di novembre che su quello del decreto per l’area di crisi complessa. “Altrimenti – conclude – sarà necessario far emergere in maniera chiare le responsabilità della non attuazione di questi strumenti”.

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