Gigli della Cisl: “Sequestro procura eccessivo”, la Lotti: “va garantita la verità”

 
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Gela. Giudica come un paradosso l’azione della magistratura facendo riferimento al sequestro degli impianti che ha costretto il management Eni a sospendere per problemi tecnici la produzione della Raffineria.

Si indaga da 12 giorni per fare luce sull’incendio legato ad una presunta perdita di prodotto idrocarburico che ha interessato l’area tubazioni della fabbrica, di collegamento degli impianti topping1 e coking1.

I dubbi sul sequestro.  

Il segretario nazionale della Femca Cisl, Sergio Gigli, non ha usato di certo le mezze misure, ieri, durante la sua visita in città, nel commentare l’attuale stato del polo industriale accompagnato dai segretari Cisl Emanuele Gallo, Franco Parisi e Francesco Emiliani. “Questa modalità di sequestro non avviene in nessuna parte del mondo e in Europa – spiega Gigli – ma soprattutto in Italia. Ovviamente la magistratura deve fare il suo corso e capire se ci sono state delle responsabilità, tuttavia in altre realtà sequestrano e tagliano. Fuori i tubi incriminati, dentro i tubi nuovi. Qui non abbiamo ben capito quando tempo durerà questo sequestro. Nel frattempo, come gestiremo i lavoratori?”

La paura per i lavoratori.

“E’ chiaro che se la raffineria si ferma i lavoratori dovranno necessariamente stare a casa. Non solo quelli del diretto ma tutti quelli che ruotano attorno al regime del sistema appalti. L’indotto rappresenta il maggiore numero di operai. Mi domando se oltre ai sindacati si è capito cosa significa caricare quel petrolio che si produce ancora a Gela per farlo raffinare in altre realtà. Questo è ciò che sta accadendo adesso. Se quella raffineria non fosse in ordine, saremmo i primi noi del sindacato a pretendere dall’Eni l’avvio di azioni indispensabili a rispettare tutti i requisiti. La situazione è molto articolata e complessa”.

L’Eni potrebbe dimezzare le raffinerie.

Secondo il segretario nazionale della Cisl “Il processo di razionalizzazione dell’Eni non è concluso – prosegue –Gela insieme a Taranto, Livorno Pavia e per il 50 per cento anche Milazzo, detiene ancora 4 raffinerie e mezzo. Loro sostengono però che potrebbero coprire la loro attività con poco più di due raffinerie. La questione si gioca sulla credibilità. E’ un fatto che riguarda tutti, anche noi del sindacato. Le istituzioni giocano un ruolo importante – incalza- Non credo che Eni abbia varato un investimento di 700 milioni di euro per questa raffineria senza avere avuto interlocuzioni. Quel progetto è stato ratificato da tutti. Non mi spiego il perché si è bloccato. Quali sono le motivazioni? C’è qualcosa che non va nel processo di un investimento che siamo convinti riesca mettere a riparo la raffineria di Gela. Eppure, in attesa dell’Aia che da sola potrebbe far partire un terzo degli investimenti, da questo territorio parte una lettera di denuncia al ministro dell’ambiente per dire che le ispezioni preventive non avvengono mai. Davvero qualcosa qui non va”. Non è mancata un’accusa all’indotto precisando che “deve essere anch’esso produttivo. Non credo – conclude – che ci siano più spazi perché si possa continuare in una sorta di assistenzialismo”.

La Lotti non ci sta.

Il procuratore Lucia Lotti, smentisce che i vertici della raffineria abbiano avanzato richiesta di dissequestro dell’area sottoposta a vincolo. “Gli accertamenti tecnici sui luoghi dell’incendio, mediante ispezioni effettuate da operanti della polizia giudiziaria, Vigili del Fuoco, consulenti tecnici della Procura, sempre in contraddittorio con i tecnici della Raffineria di Gela, si susseguono ininterrottamente dal giorno dell’evento – precisa il procuratore – lo scopo del sequestro penale è quello di garantire la prova dei fatti e non inibisce affatto interventi e lavori di natura tecnica sugli impianti che si rendano necessari per fondate ragioni; Attualmente, pur in pendenza di sequestro, vi sono verifiche in luogo”.

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