Massacrato dal branco davanti al Tanguera, parla un carabiniere: “La rissa scoppiò fuori”

 
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Gela. Era il dicembre di otto anni fa, quando il giovane operaio Saverio Di Simone venne massacrato all’esterno della discoteca Tanguera.

“La rissa scoppiò fuori dal locale”. Riportò profondissime ferite legate proprio all’azione del branco. Davanti al giudice Manuela Matta, sono sotto processo tre giovani che avrebbero preso parte al violentissimo pestaggio. “La rissa iniziò all’interno del locale – ha detto uno degli addetti alla sicurezza in servizio al Tanguera quella notte – poi, proseguì all’esterno. Noi intervenimmo subito per cercare di dividere tutti i ragazzi coinvolti. Se non ricordo male, si allontanarono ma ripresero a distanza di circa duecento metri”. Il teste ha risposto alle domande formulate dal pm Pamela Cellura e dai difensori degli imputati, gli avvocati Filippo Spina, Concetta Di Stefano e Tiziana Giardina. La vittima del pestaggio e i suoi familiari si sono costituiti parte civile.

“Non vedemmo niente di strano”. “Ricordo solo un accenno di rissa all’interno del locale – ha detto un carabiniere presente in discoteca insieme ad uno degli imputati – credo che tutto proseguì fuori. Posso assicurare, però, che io e il mio amico restammo all’interno e quando decidemmo di andare via non vedemmo nulla di anomalo”. Ricostruzioni in parte contestate proprio dal legale del giovane preso di mira. I tre imputati, difesi dagli avvocati Filippo Spina, Tiziana Giardina e Concetta Di Stefano, hanno sempre rigettato le accuse, escludendo di aver fatto parte del presunto branco che avrebbe preso di mira la vittima. I difensori hanno chiesto di poter ascoltare in aula anche il titoalre della dosicteca. Alla prossima udienza, potrebbe arrivare la decisione su un caso che sollevò non poco scalpore proprio a causa delle conseguenze riportate dall’operaio finito al centro dell’aggressione.

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