“Nessun rapporto economico tra i Pione e Rinzivillo”: si difende anche carabiniere dei servizi

 
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Gela. La famiglia Pione non avrebbe fatto gli interessi, anche imprenditoriali, del boss Salvatore Rinzivillo. E’ quanto emerso dalle conclusioni esposte, nell’arco di diverse ore, dal difensore di Aldo Pione e Rosario Pione, tra gli imputati nel giudizio abbreviato, successivo all’inchiesta antimafia “Extra fines-Druso”. L’avvocato Francesco Enia ha ripercorso i punti principali della maxi indagine. Ha spiegato che non ci sarebbe mai stato alcun passaggio di denaro. Per loro, i pm della Dda hanno chiesto condanne. Dieci anni ad Aldo Pione e otto anni a Rosario Pione. Avrebbero conosciuto Rinzivillo, ma solo per precedenti rapporti di amicizia, così ha spiegato la difesa. Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, però, il nuovo reggente della famiglia Rinzivillo sarebbe intervenuto a favorire gli interessi imprenditoriali dei presunti sodali. Una rappresentazione di accusa, che la difesa ha negato, sottolineando l’assenza di elementi di prova che possano confermare il peso di una presunta mano mafiosa dietro alle attività dei due imputati, che hanno sempre negato di essere referenti del boss.

Allo stesso tempo, le accuse sono state respinte dalla difesa di uno dei carabinieri finiti al centro dell’inchiesta. Il legale di Marco Lazzari, militare impegnato nei servizi segreti, ha cercato di ridimensionare la posizione del suo assistito. E’ accusato di aver fornito informazioni riservate a Rinzivillo, garantendogli l’accesso a banche dati non consentite. Davanti al gup nisseno, ci sono lo stesso Salvatore Rinzivillo, Ivano Martorana, Emanuele Romano, Alessandro Romano, Gaetano Massimo Gallo, Filippo Giannino, l’avvocato Giandomenico D’Ambra, Rolando Parigi e Giuseppe Flavio Gallo (per il quale è stata chiesta l’assoluzione). In aula, si tornerà a gennaio.

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