Gasolio e piombo rubati al porto e in fabbrica, gli arrestati negano tutto

 
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Gela. Non avrebbero in alcun modo partecipato a una serie di presunti furti messi a segno all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore e nell’area del porto rifugio.

I tre in carcere rigettano le accuse. Così, Rocco Bagnato, Antonino Di Modica e Giuseppe Caci hanno risposto alle domande poste dal giudice delle indagini preliminari Veronica Vaccaro che li ha sentiti durante gli interrogatori di garanzia tenutisi all’interno del carcere di contrada Balate dove sono attualmente detenuti. Assistiti dagli avvocati Antonio Gagliano, Stefania Valente e Giovanna Zappulla, hanno del tutto rigettato le accuse mosse a seguito di un’operazione condotta dai militari della guardia di finanza e da quelli dell’aliquota presso la procura. Sia il comandante dei mezzi di soccorso Eureco Rocco Bagnato che l’operatore della stessa azienda Giuseppe Caci hanno ribattuto punto su punto. Nelle intercettazioni prodotte dagli investigatori, avrebbero soltanto fatto riferimento ad operazioni lavorative da effettuare per garantire la sicurezza nell’area del porto isola Eni. Lo stesso Bagnato ha assicurato che gli unici richiami al gasolio erano quelli per le operazioni di carico del carburante al porto rifugio per poi rifornire gli altri mezzi di sicurezza di stanza nella zona della diga foranea Eni. Stessa linea seguita da Antonino Di Modica che, assistito dall’avvocato Valente, ha solo confermato poche piccole sottrazioni di materiale da pesca.

Scilio non risponde. Ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, invece, il giovane Marco Scilio, difeso dal legale Salvo Macrì. Si trova attualmente agli arresti domiciliari all’interno della propria abitazione.  In ogni caso, tutti gli indagati, in totale ventiquattro, hanno negato di aver mai partecipato ai furti scoperti dagli investigatori.

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