“Palazzo voleva che assumessi la sorella”, in aula parla titolare di un supermercato

 
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Gela. “Sicuramente, Palazzo faceva sentire il suo peso”. Sarebbe stato Emanuele Palazzo, poi deceduto alcuni anni fa, a farsi avanti per chiedere l’assunzione della sorella, tra il personale di un supermercato avviato in città. Uno dei titolari ha testimoniato in aula, davanti ai giudici del collegio penale. L’imprenditore, che ha spiegato di far parte dell’associazione antiracket locale, ha ammesso di essere stato avvicinato più volte dallo stesso Palazzo, secondo gli investigatori tra i vertici della stidda. Alla fine, la sorella, a sua volta imputata, venne assunta. “In quel periodo, non era un’assunzione che ritenevo necessaria ma alla fine venne deciso che avrebbe lavorato in macelleria”, ha spiegato il testimone. Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, si sarebbe trattato di un’assunzione imposta da Palazzo, la cui posizione processuale si è estinta a seguito del decesso. L’imprenditore ha risposto anche alle domande dei difensori degli imputati. “La dipendente, una volta assunta – ha detto ancora il titolare del supermercato – non diede mai problemi. Lavorava regolarmente”. Il testimone ha confermato che comunque avrebbe preferito non averla tra gli addetti dell’attività commerciale. Minacce vere e proprie, però, non ne avrebbe subite. Sono a processo, Carmelo Curvà, Luciano Orazio Curvà, Paolo Di Maggio, Angelo Cirignotta, Guido Cirignotta, Giuseppe Nocilla, Simone Nicastro, Giuseppe Caci, Umberto Barone, Salvatore Antonuccio e Giuseppa Palazzo. Gli investigatori ricostruirono diversi fatti riconducibili agli stiddari, confluiti anche nell’inchiesta “Agorà”. Una posizione sicuramente più complessa è proprio quella degli imprenditori Cirignotta, che sono anche persone offese per aver subito danneggiamenti e ritorsioni.

Per entrambi, come richiesto dal legale che li rappresenta, l’avvocato Maurizio Scicolone, sono stati acquisiti i verbali delle dichiarazioni rese davanti ai pm dell’antimafia nissena. Anche alcuni loro cantieri subirono danneggiamenti. Per la difesa, furono vittime dei clan. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Nicoletta Cauchi, Davide Limoncello, Cristina Alfieri, Giovanna Zappulla, Guglielmo Piazza e Alfredo D’Aparo.

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