Prestiti ad usura, Di Giacomo padre e figlio rilanciano le accuse

 
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Gela. Era in difficoltà economiche, aveva ottenuto un prestito “ad usura” di 20 mila euro ma nel contempo acquistava auto di lusso. Sono emersi altri aspetti dall’udienza che vede imputati Crocifisso Giovanni Di Giacomo e Paolo Quinto Di Giacomo, padre e figlio arrestati per una storia di usura.

Ieri la presunta vittima, l’imprenditore edile Alessandro Lignano, è stato chiamato a deporre davanti il collegio giudicante del tribunale presieduto da Paolo Fiore. Ai giudici l’uomo, che è detenuto per altri reati, ha detto che nel 2007 la sua azienda, la Edilfer, era in difficoltà economiche e per questo si rivolse ai Di Giacomo per avere un prestito. Da lì sarebbero cominciati i guai. L’avvocato Giovanni Lo Monaco, che insieme al collega Michele Micalizzi difende gli imputati, ha chiesto a Lignano come mai lo stesso anno in cui versava in difficoltà economiche ha acquistato un’auto di lusso del costo di quasi 50 mila euro. I due Di Giacomo sono accusati di minacce, estorsione, oltre che di usura e danneggiamenti. Orazio Di Giacomo, che ha ammesso di aver prestato denaro all’imprenditore. Sostiene che i rapporti con la sua vittima erano di amicizia, risalente all’adolescenza. Ha anche aggiunto un particolare. Quando la vittima si rese conto di non essere in grado di pagare gli propose l’acquisto di una fornitura di ferro. L’investimento – a detta di Di Giacomo – si rivelò però un altro fallimento.

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