Punirono un ex dipendente? Alberto Cammarata e Giorgio Migliore si difendono

 
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Gela. Si sono difesi dalle accuse contestategli davanti al giudice delle indagini preliminari del tribunale di Caltanissetta David Salvucci. L’imprenditore quarantaquattrenne Alberto Cammarata e il quarantacinquenne Giorgio Bruno Migliore, suo dipendente, devono rispondere

del tentativo d’estorsione e delle intimidazioni rivolte ad un ex lavoratore dell’azienda edile gestita proprio da Cammarata. L’imprenditore, assistito dal suo legale di fiducia Giuseppe D’Aleo, ha seccamente respinto le accuse.
Si è detto disponibile a presentare tutta la documentazione necessaria ad eliminare qualsiasi ombra sulla vertenza lavorativa, avviata dalla vittima, e finita al centro delle indagini condotte dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia nissena, dagli agenti di polizia della mobile e da quelli del commissariato di via Zucchetto.
Stando alle accuse, Alberto Cammarata, davanti alla richiesta da trentamila euro formulata dall’ex dipendente per mettere fine al rapporto lavorativo ed ottenere quanto previsto, avrebbe cercato l’intermediazione del gruppo criminale degli Alferi. Il suo contatto sarebbe stato lo stesso Giorgio Bruno Migliore.
L’uomo, secondo gli inquirenti, si sarebbe premurato di contattare Emanuele Cascino, ex fedelissimo del boss Giuseppe Alferi, con l’obiettivo d’intimidire l’operaio troppo pretenzioso. Sarebbe stato Cascino, oggi collaboratore di giustizia, ad autoaccusarsi dell’incendio appiccato alla casa rurale della vittima. Le accuse sono state respinte anche da Migliore, difeso dall’avvocato Carmelo Tuccio. I due indagati si trovano agli arresti domiciliari all’interno delle rispettive abitazioni.

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