Sì alla procedura d’emergenza per il porto rifugio: a rischio i controlli alle piattaforme

 
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Gela. Senza interventi immediati e d’emergenza, a rischio ci sono anche le attività di vigilanza armata nelle aree delle piattaforme petrolifere che si affacciano lungo la costa locale. Il porto rifugio va verso la chiusura, sia in entrata che in uscita.

Interventi d’emergenza altrimenti si ferma tutto. La conferma è arrivata dal comandante della capitaneria Pietro Carosia, durante un vertice a Palermo convocato appositamente tra le stanze dell’Ars. Per questa ragione, si cercherà di superare il costante fenomeno dell’insabbiamento dei fondali attraverso interventi di protezione civile. Sarebbero necessari almeno tre milioni di euro che il sindaco Angelo Fasulo si è detto pronto a reperire fra i trentadue milioni di compensazioni versati da Eni dopo l’accordo dello scorso novembre. La procedura d’emergenza, con il coinvolgimento della prefettura di Caltanissetta, eviterebbe l’onere dell’analisi della sabbia da rimuovere, previsto in tutti i siti d’interesse nazionale esposti al rischio industriale. L’insabbiamento del porto rifugio taglia certezze anche ai mezzi della capitaneria che, appunto, devono effettuare controlli di sicurezza nelle aree delle piattaforme e, più in generale, lungo l’intera costa. In bilico, infatti, non ci sono solo gli interventi d’emergenza e quelli antiterrorismo ma, addirittura, l’ordinaria amministrazione. Il comandante Carosia vuole evitare di vedere i natanti a disposizione fermi perché insabbiati nello specchio di mare interno al porto rifugio.

I 49 milioni ci sono? Intanto, la delegazione presentatasi a Palermo, capeggiata dal sindaco Angelo Fasulo e dal presidente del consiglio comunale Giuseppe Fava, insieme ai consiglieri Vincenzo Cirignotta e Terenziano Di Stefano e ai componenti del comitato spontaneo da poco costituito, sembra aver ottenuto rassicurazione sui circa 49 milioni di euro necessari al finanziamento del progetto del “nuovo” porto rifugio. I soldi dovrebbero rientrare nella programmazione regionale delineata almeno fino al 2020. Senza il sì definitivo e la conclusione dell’iter d’approvazione del progetto, risalente al 2003, nessun intervento strutturale potrà essere messo in campo: né sul braccio di levante né, tantomeno, su quello di ponente. Quindi, si cercherà solo di contrastare il perdurante insabbiamento dei fondali, pena il fermo totale.

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