Un anziano rapinato tra le vie del centro storico, i giudici dicono sì al ritorno in libertà di Trubia

 
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Immagini di repertorio

Gela. Una serie d’incongruenze nell’ordinanza che ne disponeva la custodia cautelare, così il ventottenne Davide Trubia ritorna in libertà. Un anziano rapinato. Sono stati i giudici del tribunale del riesame di Caltanissetta ad accogliere le richieste avanzate dal suo difensore di fiducia, l’avvocato Salvo Macrì. Trubia, ad agosto, venne arrestato dai carabinieri del reparto territoriale con l’accusa di aver rapinato un pensionato in centro storico, nella zona di via Panormo. Agì insieme ad un complice, individuato nel ventiduenne Giovanni Ventura. L’anziano venne bloccato e scaraventato sul selciato. I due portarono via circa cinquecento euro. Davanti al giudice delle indagini preliminari che li sentì durante l’interrogatorio di garanzia, Trubia rese dichiarazioni spontanee ammettendo le proprie responsabilità. Ventura, difeso dall’avvocato Maurizio Scicolone, fece scena muta, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Vennero individuati anche attraverso le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza della zona. Il suo difensore, l’avvocato Salvo Macrì, dopo che il gip gli impose i domiciliari, ha scelto d’impugnare il provvedimento davanti ai giudici del tribunale della libertà di Caltanissetta.

Trubia torna in libertà. Il legale ha sollevato diverse eccezioni legate proprio al contenuto dell’ordinanza di custodia. Eccezioni, alla fine, accolte dai magistrati nisseni che hanno disposto il ritorno in libertà del ventottenne. Adesso, potrà lasciare gli arresti domiciliari. Decisive, soprattutto per individuare uno dei due rapinatori, sarebbero state non soltanto le immagini dei sistemi di videosorveglianza ma anche le tracce rinvenute sulla tuta indossata proprio da uno degli indagati. Il pensionato rapinato, inoltre, avrebbe riconosciuto i giovani. I loro arresti furono convalidati dal giudice dell’udienza preliminare Manuela Matta. Proprio in quell’occasione, il pubblico ministero Antonio D’Antona chiese che i due venissero sottoposti alla detenzione nel carcere di contrada Balate.

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