Una partita di droga non pagata e la vendetta, scattano le condanne per Morello e Di Fede

 
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Gela. Un debito legato ad una partita di droga e il tentativo d’estorsione messo a segno da un intero nucleo familiare. Adesso, arriva la condanna per il cinquantunenne Salvatore Morello e per il ventitreenne Alessandro Di Fede. La droga non pagata. Quattro anni e otto mesi al primo; due anni e otto mesi al secondo. Vennero arrestati a conclusione dell’operazione “Affari di famiglia”. Il verdetto è stato pronunciato dal giudice Paolo Fiore, affiancato dalle colleghe Ersilia Guzzetta e Silvia Passanisi.  In base alle accuse mosse dai magistrati della procura, Morello insieme ai due figli avrebbe preso di mira un giovanissimo, “colpevole” di conoscere l’acquirente di una partita di droga non pagata e piazzata proprio dai figli dell’imputato. Il ragazzo sarebbe stato prelevato nella zona di via Generale Cascino, insieme ad un conoscente, e pestato tra le palazzine popolari dello Iacp a Scavone. Tutto per vendicare la partita di droga non pagata. Il ruolo di Alessandro Di Fede, secondo la ricostruzione fornita in aula dal pubblico ministero Lara Seccacini, avrebbe riguardato la ricettazione del motorino della vittima. Il mezzo fu ritrovato nella sua disponibilità e, subito dopo, dato alle fiamme nella zona del commissariato di polizia di via Zucchetto. “Quasi come una sfida lanciata alle forze dell’ordine”, ha detto il pm. L’accusa relativa all’incendio, però, è caduta per Di Fede che è stato assolto come richiesto dal suo legale Salvo Macrì. L’avvocato Carmelo Tuccio, difensore di Morello, ha invece sottolineato il ruolo marginale ricoperto in tutta la vicenda dal suo assistito.

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