Venticinque secoli di storia di Gela a teatro

 
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Gela. Lo spettacolo, Storia di “paisi”, andato in replica l’altra sera al Teatro Eschilo,

stracolmo in ogni ordine di posti, si è arricchito di nuovi contributi di conoscenza che lo hanno impreziosito sia nella forma che nei  contenuti, rispetto alla prima di qualche settimana fa. Uno spettacolo coinvolgente, senza mai scadere di tono nemmeno per un attimo, originale nell’idea e nell’impostazione, palpitante nell’interpretazione. Ideatore, autore, anima e motore di questa originalissima performance teatrale è stato il prof. Paolo Di Dio, docente presso la Scuola Media Ettore Romagnoli.

Una scuola, questa, non nuova nel regalare alla città spettacoli dalla forte penetrazione culturale come poche volte prima si erano visti. Tutto questo è stato possibile per la disponibilità, la passione e l’impegno del pilastro della scuola, il dirigente scolastico prof.ssa Sandra Scicolone. Torniamo allo spettacolo dell’altra sera, musicato e cantato, che si è avvalso innanzitutto di un pool di musicisti di prim’ordine, oltre al già citato e sorprendente prof. Paolo Di Dio anche come cantante e musicista, tutti operanti nella stessa scuola: Sebastiano Berritta, che ha scelto la città di Gela per farci dono delle sue prestazioni di percussionista e, soprattutto, di trombettista, un perfezionista versatile il cui talento gli consente di spaziare con uguale bravura dalla musica jazz a quella classica passando per il rock; Daniele Mammano, bella voce, grande verve capace di far parlare il suo flauto; e poi Pino Gennaro e Salvatore Mammano, il primo virtuoso del pianoforte e il secondo della chitarra ritmica.

Molto curata, la scenografia dell’arch. Antonio Occhipinti ha reso molto bene l’atmosfera richiesta dal testo. La regia e l’ organizzazione, affidata a Giusy Di Dio, ne ha evidenziato la già nota bravura e le abilità tecniche apprese in precedenti esperienze. Un contributo niente male, forse dovrei dire decisivo ai fini della sua realizzazione, è venuto dall’arch. Francesco Russello nella qualità di presidente dell’Archeoclub d’Italia sede di Gela. Il testo, scritto volutamente in dialetto dal prof. Di Dio, riporta in vita l’anima di una cultura, quella gelese, che mantiene peculiarità linguistiche (etimologicamente riconducibili al greco, al latino, all’arabo, al normanno, allo spagnolo e al francese) che la rendono unica persino nel panorama siciliano.

La ricostruzione  storica è pressoché fedele, ma nel segno della gioia, della leggerezza e, a tratti, dell’ironia. Si tratta della storia dei più illustri personaggi di Gela dalla prima fondazione con Antifemo ed Entimo fino alla sua caduta; dalla sua rifondazione con Federico II, allo sbarco degli alleati nella seconda guerra mondiale. Gli attori sono stati tutti molto bravi, ognuno dei quali ha dato il proprio peculiare apporto allo spettacolo. Si tratta di Francesco Alabiso, Roberta Biundo, Roberta Paolello, Gioele Salinitro, Ivan Cafà, Angelo Cannizzaro, Chiara Cialdino, Giorgia Cilia, Aurora Tascone, Francesco Tuzzetti, Kledi Vella, Sofia Ascia, Rocco Vella. Ho volutamente omesso dall’elenco qualche nome perché con costoro qualcosa di particolare è successo. Con Roberta Susino, poliedrica protagonista: cantante, presentatrice e attrice; con Angelo Licco eccellente protagonista, oltre che per il rendimento scolastico, anche per la sorniona quanto prorompente verve comica. Ma il personaggio che ha fatto letteralmente volare lo spettacolo per le sue straordinarie qualità canore e la presenza scenica, risponde al nome di Ludovica Spadaro, di cui bisognerebbe parlare un po’ di più: è una predestinata! Questo evento è stato la fortunata occasione per due ragazzi, seguiti con paziente e amorevole dedizione dalla prof.ssa Maria Grazia Placenti, di far parte del gruppo,   rappresentando così un luminoso esempio di piena integrazione scolastica.

Chi non ha voluto o potuto assistere allo spettacolo, si è perduto certamente qualcosa di speciale. Come speciali sono stati i precedenti lavori del prof. Paolo Di Dio, soprattutto i tre musical: Notre dame de Paris, Moulin Rouge, I promessi sposi di cui conserviamo ancora un piacevole ricordo. La tecnica maggiormente utilizzata è quella delle contaminazioni, in cui il tempo, lo spazio e le finalità vengono riformulate. Cito solo uno dei tanti episodi sottoposti a contaminazione, e precisamente quello che riguarda Antifemo ed Entimo allorché decidono di salire a bordo delle navi con destinazione Gela. Cosa fa quel talentuoso prof. Di Dio? Ti va a pescare una canzone di Sergio Endrigo, L’arca di Noè, ne sostituisce le parole e quella canzone diventa, oltre che una divertentissima parodia, un inno alla speranza e all’avventura. Che sia stato uno spettacolo speciale lo attestano anche i ripetuti, incalzanti e frenetici applausi di un pubblico particolarmente appassionato che, alla chiusura simbolica del sipario, ha tributato all’intera compagine un’autentica ovazione. Per di più, nonostante le oltre tre ore di spettacolo e l’ora piuttosto tarda, il pubblico ha nicchiato parecchio nell’abbandonare quel luogo diventato magico per ciò che vi si respirava ancora. Un pubblico che, colto da una sorta di collettiva frenesia dionisiaca, volesse farsi ancora cullare da quello straripamento di emozioni. Per quanto abbia attinto al dizionario, so che le mie parole non possono dire ciò che con le parole non si può dire. Pensavo, durante lo spettacolo, a come sarebbe stato proficuo farne vedere degli stralci persino nelle Accademie e a come tanti professionisti dello spettacolo avrebbero potuto prendere a piene mani da uno spettacolo come quello cui abbiamo assistito. Il messaggio del prof. Paolo Di Dio è stato improntato all’ottimismo e alla speranza inducendoci, alla fine, a farci sentire  un po’ più orgogliosi della nostra città e a renderci più consapevoli di poter rimediare al degrado in cui politiche scriteriate l’hanno fatta precipitare e che tanta bellezza abbiamo ancora da godere. All’inizio ho parlato di cultura e di conoscenze.

Ebbene, proprio l’altra sera, a teatro, ho appreso che Michelangelo Merisi, più conosciuto come il Caravaggio,  lasciata Malta per la Sicilia, è approdato a Gela al porto sbarcatoio o “Caricatore” atteso dall’amico Mario Minniti, destinazione poi Caltagirone. Non sarebbe il caso di mettere all’ingresso del porto rifugio qualcosa che ricordi a noi e al mondo che Caravaggio a Gela è stato accolto e rifocillato prima di intraprendere nuove avventure? E che dire della Repubblica del Niger che nel 1975 ha emesso un francobollo che ritrae, ridisegnato, il tetradramma di Gela, (volto umano e corpo taurino) mentre l’Italia ancora latita dopo che nel 2014 il prof. Nuccio Mulè, per conto dell’Archeoclub di Gela, ha inoltrato richiesta perché il Ministero dei Beni Culturali emulasse ciò che oltre quarant’anni fa ha fatto proprio la Repubblica del Niger?

L’altra sera ho anche appreso che quel numerino apposto sulla segnaletica dell’autostrada Siracusa-Gela, ossia E45, non è semplicemente un numero convenzionale o la sigla di un colorante, ma indica che la Gela-Siracusa costituisce il tratto terminale di una strada che, attraversando verticalmente l’intera Europa, parte da una cittadina della Finlandia, Karesuvanto, e conclude il suo lungo percorso di 4920 Km proprio a Gela. Non sarebbe bello un gemellaggio Karesuvanto-Gela? Il prof. Paolo Di Dio ci ha illustrato altre peculiarità della nostra città e del suo entroterra di cui la quasi totalità dei nostri concittadini ignora l’esistenza.

Peculiarità di cui bisognerebbe parlare, ma che non possiamo fare adesso per ragioni di spazio. Il succo del discorso, e soprattutto del messaggio del prof. Paolo Di Dio, è che Gela non ha bisogno di miracoli, ma di essere un po’ più amata e conosciuta la sua storia. Francesca Susino, importante protagonista in precedenti lavori teatrali, parla nel suo monologo finale delle tante belle cose di una volta, infarcite sì di rimpianti, ma anche di auspici. Anche noi parliamo di auspici: primariamente, che lo spettacolo di cui abbiamo tratteggiato le caratteristiche e i pregi, venga visto anche dai ragazzi di tutte le scuole della città.

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