Vicino ai clan o vittima di mafia? Un imprenditore si difende, “subivo attentati”

 
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Gela. Una vittima d’estorsione fin dagli anni ’90 oppure un imprenditore vicino ai clan? A giudizio, davanti al collegio composto dal giudice Paolo Fiore e dalle colleghe Ersilia Guzzetta e Silvia Passanisi, è finito il cinquantaseienne Francesco Cammarata, difeso dall’avvocato Antonio Gagliano.

La visita di La Rosa. L’attenzione dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta si è concentrata sui presunti rapporti tra lo stesso Cammarata e Maurizio La Rosa, già reggente provvisorio del clan di cosa nostra locale all’indomani della morte del boss latitante Daniele Emmanuello. Le indagini si sono focalizzate anche sulle presunte pressioni subite da uno degli imprenditori impegnati nei lavori della zona residenziale della Cittadella. “La Rosa –si è difeso lo stesso Cammarata – voleva che quell’imprenditore di Alcamo si rifornisse dalla mia cava di sabbia per realizzare le strade interne al complesso abitativo. Più volte, però, l’imprenditore mi fece capire che aveva avuto l’ordine di rifornirsi da altri. A me, non interessavano i discorsi di La Rosa. Volevo solo stare tranquillo dopo tutto quello che avevo subito”.

Attentati e estorsioni subite. Cammarata, rispondendo alle domande formulate dal pm della Dda di Caltanissetta e dal suo difensore Antonio Gagliano, ha ripercorso anni di pressioni subite e estorsioni. “Fin dal 1989 – ha spiegato – venni preso di mira. Subii anche attentati alla mia persona. Lo stesso Daniele Emmanuello, seppur latitante, sapeva che riuscivo a rifornire diversi cantieri pubblici in città e mi chiedeva sempre informazioni in merito alla gestione dei lavori”.

“Ci contattò per denunciare le richieste subite”. Nel corso dell’udienza, è stato ascoltato anche l’ex dirigente della squadra mobile di Caltanissetta Giovanni Giudice. “Conosco l’imprenditore Francesco Cammarata – ha precisato – perché più volte ci segnalò richieste estorsive e le visite di esponenti sia di cosa nostra sia della stidda. Gli consigliammo di denunciare e, soprattutto, di non preoccuparsi. In questi casi, invitiamo chi vuole collaborare a interloquire con i presunti estorsori di modo da ottenere più informazioni possibili. Così facemmo anche in questo caso. Ci riferì che Maurizio La Rosa, per conto di cosa nostra, era stato nella sua cava a chiedergli la messa a posto”. Intanto, nuovi testimoni verranno sentiti nel corso dell’udienza già fissata per il 25 marzo. 

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