I locali notturni controllati dai buttafuori degli Emmanuello, parla un poliziotto: “Minacciato uno degli organizzatori del Ferragosto d’Italia”

 
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Gianluca Pellegrino al momento del blitz "Falco"

Gela. Avrebbero controllato i servizi di guardiania e buttafuori

in diversi lidi e locali notturni della città, almeno tra il 2013 e il 2015.
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I buttafuori imposti. La presunta riorganizzazione del clan Emmanuello sarebbe passata non solo dall’imposizione dei propri uomini davanti ai locali ma anche dal giro di droga. Sono i particolari emersi nel corso della deposizione di uno dei poliziotti della squadra mobile di Caltanissetta che ha partecipato all’inchiesta antimafia “Falco”. “I buttafuori di fiducia venivano imposti in lidi e locali come Controcorrente, Malibù, Caligola, Love Beach e Jackie O’ – ha detto l’investigatore rispondendo alle domande del pm della Dda di Caltanissetta Elena Caruso – venne minacciato anche uno degli organizzatori del Ferragosto d’Italia di tre anni fa che, poi, fu costretto a contattare i buttafuori del gruppo”. Per il testimone, avrebbero preso di mira il lido Controcorrente. “Venne assunto il padre di Gianluca e Alessandro Pellegrino – ha spiegato il poliziotto – in un’occasione, uno dei clienti venne picchiato da Orazio Tosto. Il giovane, a conclusione di una serata, aveva avuto un diverbio con il padre dei Pellegrino e così scattò la ritorsione”.
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Le “mosse” di Pellegrino. L’intera inchiesta prese il via dopo la scarcerazione di Gianluca Pellegrino che per i poliziotti della Dda “era figlioccio di Francesco Vella”, tra i vertici di cosa nostra locale e, oggi, collaboratore di giustizia. “Dopo l’uscita dal carcere – ha spiegato – Pellegrino iniziò ad incontrare Davide Trubia, ma anche Emanuele Cascino e lo zio Giovambattista Campo. Ebbe un incontro con Alessandro Barberi, referente provinciale di cosa nostra, nei pressi di un capannone di contrada Bulala”. Per gli inquirenti, Gianluca Pellegrino stava cercando di ricostruire il gruppo vicino alla famigli mafiosa degli Emmanuello. “La droga, invece, spesso la chiamavano “Ignazio” – ha proseguito l’investigatore – nelle conversazioni telefoniche, parlavano anche di “auto” o “noci”. Avviammo intercettazioni sulle auto di Giovambattista Campo e Nunzio Alabiso, ma anche nei pressi dell’abitazione di Gianluca Pellegrino che, spesso, aveva colloqui direttamente dal balcone”. La droga sarebbe arrivata soprattutto dalle piazze di Catania e Palermo.
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A processo, ci sono Gianluca Pellegrino, Nunzio Alabiso, Emanuele e Giovambattista Campo, Pietro Caruso, Giuseppe Di Noto, Emanuele Emmanuello, Angelo Famao, Emanuele Faraci, Guido Legname, Francesco Metellino, Alessandro Pellegrino, Rosario Perna, Daniele ed Emanuele Puccio, Emanuele Rolla, Loreto Saverino, Melchiorre Scerra, Angelo Scialabba e Gaetano Davide Trainito, Orazio Tosto e Nicolò Ciaramella. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Marica Marino e Silvia Passanisi, ha comunque stralciato la posizione di Rosario Perna, raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nel pool di difesa, ci sono gli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Cristina Alfieri, Francesco Enia, Carmelo Tuccio, Salvo Macrì, Filippo Spina, Ignazio Raniolo, Mario Brancato, Salvatore Priola, Alessandro Del Giudice, Carlo Aiello, Salvatore Pappalaro e Antonio Impellizzeri.

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