Amianto nella fabbrica Eni, ci sono trentotto rinvii a giudizio: accuse anche agli imprenditori dell’indotto

 
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Gela. Amianto tra gli impianti della fabbrica Eni e almeno una morte sospetta.

Molti familiari sono parti civili. Così, sono arrivati trentotto rinvii a giudizio. Si tratta di dirigenti e tecnici proprio di Eni e di imprenditori, titolari di aziende impegnate nell’indotto della fabbrica. La decisione è arrivata dal giudice dell’udienza preliminare Paolo Fiore che, in questo modo, ha accolto le richieste formulate dai magistrati della procura. I trentotto finiti a giudizio dovranno nuovamente presentarsi davanti al giudice Manuela Matta per la prima udienza fissata il prossimo 6 dicembre. I difensori di tutti gli indagati hanno contestato le accuse mosse dai magistrati, soprattutto escludendo qualsiasi correlazione tra le accuse e le condotte dei loro assistiti. In base alla ricostruzione degli inquirenti, in fabbrica non sarebbero stati rispettati i parametri di sicurezza. I dipendenti di molte aziende dell’indotto sarebbero entrati in contatto con le fibre d’amianto, senza alcuna misura di precauzione. I familiari degli operai colpiti da gravi patologie si sono costituti parte civile con gli avvocati Vittorio Giardino, Concetta Di Stefano, Paolo Testa e Antonio Impellizzeri. Parti civili sono anche i lavoratori aderenti alla sezione locale dell’Osservatorio nazionale amianto, con gli avvocati Lucio Greco e Davide Ancona, e i rappresentanti dell’associazione ambientalista Aria Nuova, con il legale Maurizio Cannizzo.

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