C’era una volta il mega dissalatore da 50 milioni, fermo da due anni e adesso?

 
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Gela.
Uno dei sistemi di depurazione dell’acqua marina più potenti d’Europa, costato circa cinquanta milioni di euro, fermo da due anni. Che fine farà il quinto modulo bis del dissalatore? Nessuno sembra avere risposte. I funzionari regionali hanno consegnato agli operatori di Siciliacque la custodia, a costo zero, dell’intero impianto.

Un presidio per impedire danni e assicurare la manutenzione. Il blocco del sistema risale, oramai, all’aprile di due anni fa: fino a dicembre del 2010, erano stati gli ex tecnici della società nissena Di Vincenzo spa ad occuparsi dell’intero impianto.
Adesso, gli stessi operatori, dopo aver accettato di lasciare la chiacchierata azienda finita in amministrazione giudiziaria a causa delle inchieste giudiziarie che toccarono il titolare Pietro Di Vincenzo, si avvicinano alla fine del periodo di mobilità.
In sostanza, non avranno più alcuna copertura economica. Erano tecnici specializzati nella gestione di impianti tanto complessi: adesso, cercano di sbarcare il lunario in attesa di risposte. L’ultima loro speranza si chiama finanziaria regionale: prima della recente bocciatura firmata dal commissario dello Stato, era previsto lo stanziamento di circa quattro milioni di euro per gli impianti di Gela e Porto Empedocle.
Somme che avrebbero dovuto consentire di riavviare il discorso dissalatori. Ora, solo una manovra bis potrebbe riattivare l’intero circuito. Tutto, però, sembra avvolto da un pesante alone d’incertezza. Il quinto modulo bis del dissalatore, dopo il fermo dei quattro, e più vetusti, moduli all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore, riusciva a marciare a ritmo di duecento litri al secondo: l’analogo impianto di Porto Empedocle toccava il tetto dei venti litri al secondo.
Da tempo, i diciannove ex lavoratori della Di Vincenzo e i sindacalisti che si sono occupati dell’intera vertenza denunciano il rischio del definitivo black out del sistema. Lo spettro principale è quello della corrosione dei componenti interni. In base ad un protocollo siglato tra le stanze degli uffici regionali, i manager di Siciliacque spa avrebbero dovuto assorbire i diciannove ex lavoratori della Di Vincenzo, per anni gestore unico dell’impianto: da allora, nulla si è più mosso. Gli operatori locali hanno anche perso il diritto ad un eventuale ricorso contro i vertici della società nissena.
“Gli operatori continueranno a lavorare – spiegavano in un comunicato pubblico sindaco e deputati regionali dell’epoca – il direttore generale del dipartimento ci ha rassicurato circa la prosecuzione dell’attività del quinto modulo e sulla possibilità per i lavoratori di essere assorbiti da Siciliacque”.
La comunicazione è datata marzo 2012: sono passati due anni, gli operatori del quinto modulo attendono ancora il verdetto definitivo.  

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