Celle sovraffollate e condizioni al limite, accolto il ricorso dello stiddaro: “Detenzione inumana”

 
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Gela. Sovraffollamento e condizioni detentive al limite. Il caso del quarantaquattrenne Antonio Gueli, stiddaro coinvolto nella guerra di mafia a cavallo tra anni ’80 e ’90, dovrà essere rivisto

dai giudici del tribunale di sorveglianza di Firenze.

Condizioni al limite. A loro, con un ricorso personalmente avanzato, si era rivolto proprio Gueli per contestare un lungo periodo di detenzione subito, in violazione delle norme previste in materia. Si sarebbe trattato, quindi, di inumana detenzione, in celle sovraffollate, protrattasi per oltre un decennio. Già il magistrato di sorveglianza di Siena aveva, in parte, accolto il ricorso presentato da Gueli. Verdetto confermato dai giudici fiorentini. Il quarantaquattrenne, però, ha chiesto di riesaminare per intero il contenuto del ricorso proposto, anche perché i giudici toscani avrebbero omesso di considerare altri periodi di detenzione subita, ritenuti in violazione della normativa. Lo stiddaro, nel suo ricorso, ha fatto riferimento alle condizioni estreme di detenzione nei penitenziari di Caltanissetta, Trapani e Agrigento. Sia il magistrato di sorveglianza di Siena sia il tribunale di Firenze hanno comunque riconosciuto non solo una riduzione della condanna complessiva che Gueli deve ancora scontare ma anche un indennizzo in denaro per gli oltre mille giorni di inumana detenzione subiti. Allo stesso tempo, davanti ai giudici della Corte di Cassazione, ha comunque chiesto di rivedere gli atti proposti, che non sarebbero stati valutati per intero. La Cassazione ha accolto il ricorso, annullando il verdetto dei giudici di Firenze che, adesso, dovranno rivedere il caso dello stiddaro che fece parte di uno dei nuclei del clan dei pastori in lotta contro cosa nostra.

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