Estorsioni per conto dei clan, in appello ridotta la condanna a Missuto: cade una delle accuse

 
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Gela. Ridotta la condanna e revocata la confisca delle due aziende. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno pronunciato il loro verdetto nel giudizio di secondo grado nei confronti dell’imprenditore Sandro Missuto. Cinque anni di reclusione a fronte dei nove anni e sei mesi pronunciati in primo grado dai giudici del collegio penale del tribunale di Gela. L’imprenditore, impegnato nel settore degli inerti e del movimento terra, era accusato di essere vicino ai clan e di aver imposto richieste estorsive ai titolari di aziende impegnate in diversi cantieri in città. Dopo la riapertura dell’istruttoria dibattimentale e l’esame di un perito, i giudici nisseni hanno fatto cadere una delle ipotesi estorsive contestate all’imputato, che è stato assolto per le presunte imposizioni a diversi imprenditori per i lavori di un complesso edilizio. E’ stata confermata invece l’accusa di estorsione ai danni dei manager di Safab, società romana che in passato è stata impegnata anche nei cantieri nella diga Disueri. In questo caso, i magistrati della Corte d’appello hanno confermato la sussistenza del concorso esterno. I difensori, gli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli Tagliavia, hanno insistito nel ridimensionare la ricostruzione fornita dai magistrati della Dda di Caltanissetta, che ritengono Missuto collegato alle famiglie di mafia locali.

Stando alla linea dei legali, non ci sarebbero i presupposti per contestare il concorso esterno all’imprenditore. Per questa ragione, dopo il dispositivo letto in aula dai giudici d’appello, sono pronti a rivolgersi alla Corte di Cassazione. In giudizio, parti civili sono alcuni degli imprenditori che sarebbero stati vittime di estorsione e la stessa Safab. Sono rappresentati dagli avvocati Nicoletta Cauchi e Renato Canonico. I legali di parte civile, come chiesto anche dalla procura generale, hanno chiesto la conferma della condanna di primo grado.

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