Inchiesta “Camaleonte”, Trubia: “Luca fu vittima e non è un mafioso, io gli feci sparare”

 
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Gela. “Salvatore Luca non è un mafioso, è sempre stato vittima di estorsioni. Io gli ho fatto sparare perché voleva continuare a pagare ottocentomila lire al mese, come faceva con Monreale. Invece decisi che doveva pagare un milione e mezzo”. Rosario Trubia, ex reggente di Cosa nostra locale per il gruppo Emmanuello, ormai collaboratore di giustizia da anni, ha parlato nel corso dell’istruttoria dibattimentale che si sta tenendo a seguito dell’inchiesta “Camaleonte” che coinvolge proprio gli imprenditori, attivi nel settore della vendita di auto e dell’immobiliare. Una testimonianza che ha provocato un breve mancamento per l’imprenditore, presente in aula. L’udienza è comunque proseguita davanti al collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Serena Berenato e Fabrizio Giannola). Secondo i pm della Dda di Caltanissetta, in aula con i sostituti Caruso e Pacifici, gli imputati avrebbero avuto un filo diretto con esponenti della criminalità organizzata, locale ed etnea. Un’inchiesta che ha anche generato una confisca milionaria, attualmente al vaglio dei giudici di appello nisseni. Anche Carmelo Barbieri, già riferimento dei Madonia e a sua volta collaboratore di giustizia, e la sua famiglia di mafia avrebbero chiesto a Trubia di intercedere con i Luca, per avere un trattamento di favore sul prezzo di una vettura da acquistare. L’ex reggente di Cosa nostra ha ricordato il suo periodo a Roma, quando poi venne arrestato, e i contrasti che si posero con i Rinzivillo. “Orazio Rinzivillo fece sparire i soldi che facevo con la droga – ha spiegato – lo dissi a suo fratello Antonio. Ad un certo punto avevo deciso che dovevano essere uccisi entrambi e a Roma arrivò anche Daniele Emmanuello che in quel periodo era latitante a Genova”. Trubia venne comunque arrestato dopo breve tempo. Un altro collaboratore di giustizia, Paolo Portelli, ha spiegato che spesso era lui stesso a recarsi dai Luca “per i soldi”. Ha confermato che “Giuseppe Novembrini e Gianluca Gammino presero auto dai Luca”.

Proprio Gammino, altro ex tassello importante del gruppo Emmanuello, sentito sempre in udienza, ha riferito di aver chiesto auto “per un matrimonio”. “Il giorno dopo venne restituita – ha continuato – serviva ad un mio parente. Ci faceva pagare magari di meno perché sapeva che eravamo mafiosi. Non si poteva rifiutare”. “Carmelo Billizzi prese un’auto per il figlio di Daniele Emmanuello che aveva compiuto diciotto anni”, ha aggiunto. Al contempo, ha voluto sottolineare, rispondendo a pm e difensori, che “con Salvatore Luca ogni tanto prendevo un caffè e mi diceva che era un nostro amico”. Sono a giudizio proprio Salvatore Luca, Rocco Luca, Francesco Luca, Francesco Gallo, Concetta Lo Nigro, Emanuela Lo Nigro e Maria Assunta Luca. Nel processo, pure i due poliziotti Giovanni Giudice e Giovanni Arrogante (questi ultimi rappresentati dagli avvocati Giacomo Ventura, Michele Ambra, Emilio Arrogante e Marina Giudice) e che rispondono dei presunti rapporti con gli imprenditori. Giudice, come aveva già fatto in precedenza, ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee ritornando sulle attività di contrasto ai clan condotte quando era in servizio in città. Ieri, invece, il collaboratore di giustizia nisseno Salvatore Di Francesco ha reso una testimonianza sull’estorsione al gruppo societario che in città avviò il Bingo. “Pietro Riggio mi disse che Salvatore Luca ci avrebbe messo la faccia – ha detto – era risaputo che le sue attività non avevano mai avuto problemi. Non so però cosa avesse alle spalle”. Trubia, oggi, ha invece parlato esplicitamente dell’imprenditore come vittima di estorsioni. Gli imputati sono rappresentati dai legali Antonio Gagliano, Filippo Spina, Flavio Sinatra, Carlo Taormina, Carmelo Peluso, Luigi Latino, Fabio Fargetta e Alessandro Diddi. È stato possibile tenere l’istruttoria dibattimentale, nonostante i tre giorni di astensione indetti dagli avvocati penalisti, sulla base della misura reale che grava sugli imputati e sui loro beni.

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