Uno sportello segue casi di violenza: “Le donne tendono a nasconderli”

 
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Gela. Violenze tra le mura familiari e disagio sociale: quarantacinque casi in pochi mesi trattati da tre specialiste. A rivolgersi a loro, soprattutto donne che hanno dovuto sopportare vessazioni e minacce.

“Casi di questo tipo – spiega l’avvocato Antonella Italiano che fa parte del gruppo di sostegno – sono, purtroppo, molti diffusi. Ci siamo trovate davanti donne che, pur non ammettendolo direttamente, uscivano da una quotidianità veramente molto difficile. Non descrivono subito le violenze e cercano, comunque, un sostegno per non rimanere sole”.
Provengono, in prevalenza, da quartieri popolari e si trovano ad affrontare i disagi della disoccupazione. “Durante l’attività – continua l’avvocato – abbiamo avuto la possibilità di occuparci anche di alcuni bambini in tenera età. Purtroppo, aldilà delle questioni più tecniche e burocratiche, non possiamo seguire tutti i nostri assistiti nella dimensione strettamente privata”.
Donne giunte allo sportello, organizzato da Arci e Auser, dopo essere transitate non soltanto dagli uffici delle forze dell’ordine ma anche da quelli del settore comunale servizi sociali.
“Abbiamo organizzato – ammette la legale – diversi incontri nelle scuole e non solo. Dopo il primo approccio, si sono fatte avanti alcune donne che ci hanno illustrato realtà di abbandono, economico e morale”.
Oltre all’avvocato Italiano, del gruppo di sostegno fanno parte la psicologa Carmela La Placa e la formatrice Luciana Carfì.
“La violenza esercitata su molte donne di questa città – dice Antonella Italiano – aumenta perché mancano veri e propri sistemi di prevenzione. Le stesse forze dell’ordine dovrebbero essere meglio formate. Spesso, si ha un approccio fin troppo superficiale che potrebbe oscurare veri e propri casi di maltrattamenti”. L’attività dello sportello, dopo una breve pausa, riprenderà con l’obiettivo di coinvolgere chiunque decidesse di cercare un supporto.
In pochi mesi, infatti, sono stati molti gli utenti che hanno espressamente chiesto di essere ascoltati. “Non posso nascondere – conclude – che alcune donne, rivoltesi a noi dopo le prime segnalazioni alle forze dell’ordine, non si sono più presentate. Noi possiamo seguirle fino ad un certo punto ed eventualmente segnalare i casi alle forze dell’ordine. Certamente, non possiamo intrometterci nelle scelte personali”.
Le tre esperte, quindi, dovrebbero proseguire la loro attività nella struttura di via Maurizio Ascoli, nella zona di via Venezia.

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