La crisi dell’indotto Eni, gli operai della Cosime in protesta: “Non si può vivere di acconti!”

 
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Gela. Da circa otto mesi non riescono più ad ottenere quanto previsto dalla cassa integrazione ordinaria.

“Solo acconti”.  La crisi dell’indotto Eni sta pesando anche sulle teste di circa dieci lavoratori di una delle storiche cooperative metalmeccaniche della città, la Cosime. Già alle prime luci del mattino, alcuni operai si sono radunati davanti i cancelli della sede aziendale, tra le strade dell’ex area industriale Asi. “Andiamo avanti ad acconti – spiegano – una volta 600 euro; un’altra 800. Non riusciamo neanche ad avere quanto ci spetta per quelle poche giornate lavorative che ancora svolgiamo nella fabbrica Eni. Lavoriamo da anni per questa società e ci trattano così.”. La Cosime, impegnata nel settore della manutenzione meccanica, sembra subire gli effetti della crisi dell’intero indotto Eni e non riesce a versare le spettanze della cassa integrazione. Poche commesse e, di conseguenza, pochi lavori.

La protesta davanti ai cancelli. “Abbiamo famiglie da mantenere ma con i semplici acconti non riusciamo ad andare avanti – spiegano gli operai davanti ai cancelli dell’azienda – aspettiamo ancora la quattordicesima che ci spetta. Da mesi andiamo avanti in questo modo. Non possiamo accettare semplici acconti mentre i responsabili della società gestiscono ancora somme ingenti”. La mediazione sindacale, almeno per ora, non ha prodotto effetti: le parti rimangono distanti. La riduzione di commesse starebbe incidendo sulle casse della cooperativa, in attesa dello sblocco della dichiarazione dell’area di crisi complessa. 

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