La morte dell’ex operaio Giuseppe Lauria, manager e tecnici Eni rinviati a giudizio: dodici a processo

 
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Immagini di repertorio

Gela. Per loro, lo scorso anno, venne pronunciato un verdetto

di non luogo a procedere.

La morte del lavoratore. Decisione, però, poi annullata dai giudici di Cassazione, ai quali si sono rivolti i pm della procura. Adesso, arriva il rinvio a giudizio per dodici ex manager e tecnici di Eni, accusati dell’omicidio colposo dell’operaio dell’indotto di raffineria Giuseppe Lauria. Si dovranno presentare a processo il prossimo maggio. L’ex lavoratore, dopo oltre vent’anni di servizio nella fabbrica di contrada Piana del Signore, venne colpito da gravissime patologie che lo hanno stroncato. Per i magistrati della procura, non sarebbero state adottate tutte le necessarie misure di precauzione e sicurezza, finalizzate ad impedire che Lauria venisse a contatto con pericolose sostanze e con le esalazioni del ciclo produttivo. Una ricostruzione confermata in aula dal pm Antonio D’Antona. Davanti al gup, si sono presentati i legali di Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Ferdinando Lo Vullo, Giuseppe Salvatore Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Renato Monelli, Marco Saetti, Giuseppe Farina, Salvatore Vitale, Luciano Di Buò, Salvatore Maranci e Vito Milano. Per tutti, lo scorso anno, arrivò un verdetto di non luogo a procedere. Il gup, in quel caso, non avrebbe individuato un nesso tra le cariche rivestite dai tredici e quanto accaduto all’operaio. Il giudice dell’udienza preliminare rinviò a giudizio solo Giovanni Pannuzzo, Salvatore Turturici, Leonardo Baccone e Rocco Questante, referenti delle aziende dell’indotto alle cui dipendenze lavorò Lauria. Per loro, il dibattimento si è già aperto. Il gup Passanisi, invece, ha deciso per il rinvio a giudizio di tutti gli imputati, ad eccezione della posizione di Ferdinando Lo Vullo, intanto deceduto. Ad insistere per mandare a processo tutti gli imputati, sono stati anche i legali che rappresentano i familiari della vittima. Gli avvocati Adriano Falsone e Giuseppe Licata hanno sostenuto l’esistenza di un chiaro nesso tra quanto accaduto al lavoratore e la mancata adozione delle necessarie misure di sicurezza e precauzione, non solo da parte dei responsabili delle aziende dell’indotto ma anche di quelli del gruppo Eni. I difensori degli imputati, invece, hanno ribadito quanto già sostenuto, escludendo qualsiasi responsabilità dei manager e dei tecnici della multinazionale. Nel pool di difesa, ci sono i legali Gualtiero Cataldo, Luca Mirone, Carlo e Luigi Autru Ryolo, Carlo Federico Grosso, Attilio Floresta, Piero Amara e Alessandra Geraci.

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