L’Eni cerca il petrolio a Manfria, a 40 km dalla costa nuove istanze di trivellazione

 
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Gela. Pretesto di proficue discussioni che hanno portato alla ribalta un disastro ecologico già esistente a partire dal 1990, data in cui il territorio  è stato dichiarato zona ad alto rischio;  l’ultimo incidente avvenuto all’impianto Topping 1 della raffineria di Gela non sembrerebbe sufficiente a fermare le istanze per la perforazione di pozzi esplorativi di gas da parte dell’Eni finalizzati alla ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi via mare. Tra le coste mirate dall’obiettivo spicca quella della Torre di Manfria. 

Le richieste, già  depositate presso la commissione di Valutazione di impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare, sono visionabili nel portale VAS VIA all’indirizzo http://www.va.minambiente.it/home.aspx

Qualora le attività sopra citate risultassero idonee, l’ufficio sarà incaricato ad autorizzare le operazioni  e ad accogliere le osservazioni puntuali contrarie al progetto­; osservazioni esposte fino ad oggi, dal Comitato Stoppa la Piattaforma , L’Altrasciacca, Italia nostra, Lega navale Greenpeace, Regione siciliana, Associazioni di pescatori e, infine, dall’Assessorato all’ambiente della regione siciliana, in riferimento particolare ai permessi di ricerca GR 13 AG E GR 14 AG, meglio note come opere del Pozzo Vela 1.

A seguito della domanda, intrapresa inizialmente da Eni s.p.a e successivamente intestata ad Eni ( per il 60 per cento) e ad Edison (per il 40 per cento), il disegno prevede una trivellazione a più di 700 metri di profondità ubicata nel Canale di Sicilia, l’ecosistema più ricco di diversità biologica del Mediterraneo.

In generale la ricerca  avverrà al largo del comune di Licata:  i comuni costieri indicati nelle vicinanze si trovano a ridosso delle coste agrigentine¸ per una copertura d’area di circa 408 km quadrati.

L’azienda dal cane a sei zampe ha avviato una sintesi non tecnica in cui non mancano tra l’ elenco dei siti coinvolti  quelli di interesse comunitario Natura 2000, una rete creata dall’unione europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie animali e vegetali.

Situati lungo la costa prospiciente il tratto di mare in cui saranno realizzate le attività­, i siti di interesse sono:

–          Scala dei turchi, a circa 47 km a nord ovest del pozzo Vela 1;

–          Litorale di Palma di Montechiaro, a circa 30 km a nord est del Vela 1;

–          Torre di Manfria, a circa 44 km a nord est del Vela 1;

–          Biviere e Macconi, di Gela a circa 57 km ad est del pozzo Vela 1.

–          Torre Manfria, Biviere e Piana di Gela  a circa 56 km ad est del Vela 1.

Le indagini insisterebbero, dunque, su zone soggette a vincoli perché ritenute anche di interesse protezione speciale (definibili ZPS), rivolto al mantenimento di idonei habitat per la conservazione e gestione delle popolazioni di uccelli selvatici migratori;  di  interesse pubblico e paesaggistico; e, nella fattispecie per quel che riguarda la zona del Biviere e Piana di Gela, di interesse prioritarie per l’avifauna (definibili IBA).     

In sintesi,  a trenta chilometri da riva ove sono situate ben cinque zone archeologiche di spicco, sorgeranno gli impianti degli Scarabeo 9 di proprietà Saipem S.p.a., ingombri di circa 110 mt. per 80 mt la cui altezza raggiungerà i 90 mt dal livello del mare e il cui obiettivo  coinciderà  con la verifica di nuovi giacimenti potenzialmente sfruttabili, “in modo efficiente ed ambientalmente sostenibile”. Parola di Eni. O almeno fino a pagina 7 della sintesi poiché in quella successiva, nel punto 1.4  del documento Programma Geologico e di perforazione , l’azienda ammette che “l’impianto da utilizzare è da definire.” E’ comunque previsto l’impiego di un Single Activity Moored Rig: si chiede dunque di autorizzare un progetto senza specificare con esattezza l’impianto che dovrà garantirne l’esecuzione.  

Un briefing pubblico recante i vizi formali e sostanziali della richiesta è la risposta di Greenpeace nella quale il primo caso di cronaca citato come esempio di incidente con possibilità di sversamento in mare di notevoli quantitativi di idrocarburi è proprio quello avvenuto in data 4 Giugno a Gela.

L’osservazione  sottolinea come si continua ad assistere ad una minimizzazione dei rischi,  sostanzialmente azzerati secondo alcune supposizioni grazie a procedure e tecnologie cui l’azienda pare ciecamente fidarsi.

Gli incidenti  fortemente contestati, oltre a quello gelese, sono quelli avvenuti nel mare di Azov in Russia; l’incendio della piattaforma Adriatic IV, proprio di Eni al largo delle coste egiziane e il blowout della Deepwater Harizon accaduto nel 2010 nel Golfo del Messico. A seguito di avvenimenti di queste entità, è possibile tracciare diversi scenari possibili i cui effetti devastanti  potrebbero mettere in ginocchio anche un’ampia risorsa fondamentale siciliana, la pesca, considerando che una grossa fetta del comparto peschereccio siculo realizza oltre il 65 per cento del fatturato della pesca siciliana .

Sempre quanto riporta il briefing, sulle rotte di migrazione degli uccelli, Eni ignora il piano faunistico e venatorio 2013-2018 della regione siciliana e l’incredibile valenza dell’avifauna migratrice delle isole del canale di Sicilia e delle zone a protezione speciale istituite presso il litorale di Gela.

“La documentazione allegata manca di firme, timbri e addirittura nella maggior parte dei documenti non è indicato nemmeno l’estensore. Un dato positivo va però sottolineato: la regione siciliana ha presentato assieme a noi le opposizioni. Non possiamo negare però che se non verranno presi provvedimenti legislativi a livello nazionale in tempi brevissimi, il nostro mare per come lo conosciamo è destinato a scomparire”; sostenitore di questo pensiero è  l’ingegnere geotecnico Mario Di Giovanna, portavoce del comitato Stoppa la Piattaforma di Sciacca.   

In merito al decreto Corrado Passera firmato il 27 giugno del 2012 sancente l’ampliamento in Sicilia di nuove zone oggetto di trivellazioni, questa istanza non soffrirà la solitudine ma  vanterà la compagnia di numerosissime richieste di permesso di prospezione sismiche o di ricerca. Tra queste, il permesso 33 G.R.-AG che interesserà contestualmente anche l’area del limitrofo permesso di ricerca di 28 GR-AG, confinante a sud, entrambe in verifica di attuazione.  Il territorio costiero prospiciente la superficie attenzionata, specie dall’ultimo permesso di ricerca citato , è caratterizzato da due centri principali: Licata e Gela. 

Di certo nella sintesi presentata dal proponente emerge a gran forza come le attività in progetto non interferiranno in alcun modo su una zona, come quella di Gela, attualmente perimetrata dal processo di caratterizzazione ambientale che la classifica come area ad alto rischio ambientale. In più,in virtù della giusta distanza dalla raffineria di Gela, l’Eni esclude del tutto i rischi derivanti dalla pericolosità sismica.

Per coloro i quali dovessero sollecitare obiezioni sulle suddette questioni sappiate che  i termini della presentazione delle osservazioni da parte del pubblico scadono il 6 e il 9 Luglio 2013.  

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