“Pellegrino era il nuovo capoclan degli Emmanuello”, blitz “Falco”: chiesti più di 170 anni di carcere

 
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Gianluca Pellegrino al momento dell'arresto nell'operazione "Falco"

Gela. I capi storici di Cosa nostra locale avevano puntato tutto sul trentacinquenne Gianluca Pellegrino. Figlioccio di Francesco Vella (poi diventato collaboratore di giustizia), già in carcere su Pellegrino avrebbe deciso di contare anche Alessandro Barberi, che ritornato in libertà assunse il ruolo di reggente provinciale. “In carcere ci fu l’avvicinamento tra Barberi e Pellegrino – ha detto in aula nel corso di una lunghissima requisitoria il pm della Dda di Caltanissetta Matteo Campagnaro – Barberi gli regalò dei vestiti e Pellegrino era uno dei pochi ad essere mantenuto, durante la detenzione, con i soldi della famiglia di mafia”. Il pubblico ministero ne ha chiesto la condanna a ventisette anni e sette mesi di detenzione. Pellegrino fu la figura di spicco dell’intera inchiesta “Falco”, accusato di voler ricostruire il gruppo mafioso degli Emmanuello, decimato dagli arresti, dalle collaborazioni con la giustizia e dalla morte del capo indiscusso, Daniele Emmanuello. Per il magistrato, il “cursus honorum” di Pellegrino avrebbe tracciato il suo destino criminale. “Era il capoclan degli Emmanuello”, ha continuato. Vecchi e nuovi affiliati lo avrebbero scelto anche per imbastire affari con i capi delle altre famiglie. “Sono stati ricostruiti gli incontri con Roberto Di Stefano, che comandava i Rinzivillo – ha spiegato ancora il pm – e con Emanuele Cascino, che faceva riferimento agli Alferi”. Pellegrino avrebbe organizzato un folto gruppo, soprattutto di giovani leve, capace di gestire un vasto traffico di droga e controllare le attività dei servizi di sicurezza nei locali notturni. Le famiglie locali avrebbero progettato di mettere a posto gli esercenti del mercato settimanale. Un affare che però non sarebbe andato in porto. Al trentacinquenne, che ha assistito alla requisitoria in videocollegamento, sono state addebitate anche diverse estorsioni, messe a segno non appena iniziò ad essere inserito nel gruppo di Cosa nostra. “Agiva con Davide Trubia – ha spiegato Campagnaro – non era un semplice picciriddu. Chiese a Vella di poter girare”. Sono pesanti le richieste avanzate dal pm e non solo per Pellegrino. Sono state chieste condanne per tutti gli imputati ritenuti vicini al presunto capo. Si sarebbero occupati principalmente della gestione del traffico di droga. A Pellegrino viene addebitato anche l’incendio della Mini Cooper di proprietà dell’imprenditore Valerio Longo, a sua volta considerato vicino ai Rinzivillo. Per questo fatto, invece, è stata chiesta l’assoluzione nei confronti di Orazio Tosto e Nicolò Ciaramella. Per entrambi, l’accusa ha comunque indicato la condanna per altri capi di imputazione.

Quattordici anni a Tosto, con l’aggravante di essere stato vicino ad esponenti mafiosi, e quattro anni per Ciaramella. Quattordici anni di reclusione sono stati chiesti anche per Alessandro Pellegrino, fratello del presunto capo del gruppo. Quattordici anni e due mesi a Giovambattista Campo, tredici anni e quattro mesi per Angelo Famao, undici anni a Giuseppe Di Noto e Guido Legname, dieci anni e sei mesi per Emanuele Faraci, sei anni e otto mesi per Emanuele Campo, sei anni e due mesi per Francesco Metellino, sei anni a Daniele Puccio, Emanuele Puccio e Angelo Scialabba, quattro anni e sei mesi per Melchiorre Scerra, quattro anni e due mesi per Nunzio Alabiso, quattro anni a Rosario Perna ed Emanuele Rolla, tre anni a Loreto Saverino e Gaetano Davide Trainito. L’assoluzione è stata chiesta per Emanuele Emmanuello e Pietro Caruso. Per le loro posizioni non sono emersi elementi chiari che possano collegarli al presunto gruppo di Pellegrino né alle imposizioni ai locali notturni della città. Dopo le richieste arrivate dai banchi d’accusa, toccherà alle difese esporre le ragioni degli imputati. Il pm Campagnaro ai presunti uomini di fiducia di Gianluca Pellegrino ha contestato l’aggravante di aver favorito la mafia. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Davide Limoncello, Ignazio Raniolo, Cristina Alfieri, Francesco Enia, Salvo Macrì, Filippo Spina, Maurizio Scicolone, Raffaela Nastasi, Mario Brancato, Salvatore Priola, Alessandro Del Giudice, Carlo Aiello, Salvatore Pappalaro e Antonio Impellizzeri.

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