Fecondo morì dopo un grave incidente sul lavoro, condanna confermata per un imprenditore

 
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L'operaio Giuseppe Fecondo morì dopo l'incidente sul lavoro

Gela. Un anno e sei mesi di reclusione. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno confermato la condanna, che già in primo grado era stata decisa per l’imprenditore Davide Catalano, proprietario della società “Cimet”. E’ accusato di omicidio colposo, per la morte dell’operaio Giuseppe Fecondo, deceduto a causa delle conseguenze di una grave caduta. Precipitò dal tetto di un capannone della zona industriale ex Asi. Solo da pochi giorni era stato assunto dalla “Cimet”. Erano in corso dei sopralluoghi, preliminari all’installazione di pannelli fotovoltaici. Lavoro che era stato commissionato all’azienda dell’imputato. I giudici della Corte d’appello nissena non hanno accolto il ricorso presentato dal legale di difesa, l’avvocato Fabrizio Ferrara, che già in primo grado aveva fornito una ricostruzione decisamente in antitesi, con quella dell’accusa. Per la difesa, l’imprenditore rispettò tutte le prescrizioni, in materia di sicurezza. In base a questa linea, non ci sarebbero state violazioni o anomalie né un nesso diretto tra quanto accaduto e il ruolo dell’imprenditore. Catalano, in primo grado, era stato condannato ad un anno e sei mesi, con pena sospesa ma condizionata al pagamento di una provvisionale da trentamila euro, in favore dei familiari della vittima. La procura generale ha chiesto la conferma del verdetto dei giudici del tribunale di Gela. Per la condanna, hanno concluso i legali di parte civile, che assistono i familiari di Fecondo (gli avvocati Giacomo Di Fede, Rosario Giordano e Cristina Guarneri).

Ritengono che ci furono delle irregolarità e delle violazioni delle norme in materia di sicurezza, tali da aver determinato il grave incidente. Fecondo arrivò cosciente all’ospedale “Vittorio Emanuele”, ma le sue condizioni si aggravarono, fino alla morte. La difesa dell’imputato, già in primo grado, aveva posto dei dubbi anche sulla fase dell’intervento dei medici. I giudici di appello hanno però confermato la condanna. Rimane invece la decisione favorevole all’azienda, per la quale in primo grado era stata esclusa responsabilità (la “Cimet” è rappresentata dall’avvocato Francesco Giocolano). Ai familiari è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni.

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