I clan imponevano il pizzo ad un negozio di giocattoli e a uno stucchificio: uno degli esercenti nega tutto

 
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Gela. Soldi “per le famiglie dei detenuti in difficoltà” e merce portata via senza pagare. Uno degli estorti nega tutto. Così, i clan avevano deciso di gestire la messa a posto del titolare di una rivendita di giocattoli. A descrivere quanto accaduto alla sua attività commerciale è stato proprio l’ex esercente che, successivamente, ha scelto di lasciare quell’attività. A processo, per rispondere dell’estorsione non solo alla rivendita di giocattoli ma anche ai titolari di uno stucchificio di via Venezia, ci sono Giuseppe Novembrini e Franco Scerra, difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Maurizio Scicolone e Raffaella Nastasi. “I soldi, spesso, li consegnavo in una busta – ha spiegato l’ex titolare della rivendita di giocattoli – in molti casi, però, venivano a prelevare merce che non veniva successivamente pagata”. Il testimone, rispondendo alle domande del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, ha anche riconosciuto, nelle foto segnaletiche, alcuni degli affiliati che si recavano nell’attività commerciale a riscuotere. Ha invece disconosciuto quanto già dichiarato in passato, l’ex gestore dello stucchificio, sottoposto ad estorsione. Davanti al collegio penale presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Silvia Passanisi e Marica Marino, ha negato di conoscere gli estorsori, mettendo in dubbio le stesse dichiarazioni rilasciare agli inquirenti. Il presidente del collegio Miriam D’Amore, così, ha deciso di trasmettere gli atti alla procura, proprio per valutare l’attendibilità del testimone. Nel procedimento, sono parti civili le associazioni antiracket, compresa quella “Gaetano Giordano”, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Panebianco.

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