L’ira di Daniele Emmanuello su Crocetta: doveva essere ucciso

 
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Firenze. C’era la volontà di uccidere Rosario Crocetta, ma non il giudice Tona. Questo in sintesi quanto hanno dichiarato i pentiti di Cosa nostra il primo giorno di udienze in trasferta al tribunale di Firenze. Si celebra il processo “Compendium” contro 19 affiliati.

Il collegio penale, presieduto da Lirio Conti, ha ascoltato ieri il primo blocco di collaboratori di giustizia ovvero Fortunato Ferracane, Angelo Cavaleri, Nunzio Licata e Francesco Vella. Quest’ultimo ha confermato come in Daniele Emmanuello vi fosse odio nei confronti dell’ex sindaco Crocetta, ma anche nei confronti del magistrato Tona. “Era colpevolista – ha detto – non guardava le carte e non era sereno nel giudicare soprattutto noi gelesi. Quando c’era lui le condanne erano sistematiche e non era possibile che nessuno venisse mai assolto”.

Nel 2007 Crocifisso Smorta aveva parlato in carcere dell’uccisione dell’allora sindaco Rosario Crocetta. Daniele Emmanuello, capo indiscusso di Cosa nostra era infuriato con l’attuale eurodeputato del Pd, che aveva licenziato la moglie dall’elenco dei beneficiari del reddito minimo di inserimento e tolto il contributo per il canone locativo. “Quando finirà di fare il sindaco lo facciamo fuori!”, avrebbe detto l’allora latitante a Smorta. Ciccio Vella ha anche raccontato un ulteriore episodio su questa vicenda. Ha ricordato che sempre  Smorta disse a Vella prima che quest’ultimo uscisse dal carcere una frase emblematica. “Non dimenticarti quella cosa di Crocetta…”. “Ci mise in pre-allarme ma non ci fu comunicato più nulla”, ha concluso Vella, che ha invece smentito un piano omicidiario contro il Gip Tona.   I mafiosi di Gela si lamentavano del fatto che il magistrato nisseno infliggeva pesanti condanne e sempre nei confronti degli esponenti dei clan gelesi, ma nessuno avrebbe mai parlato di un progetto per ucciderlo.

Con l’operazione Compendium venne decapitato il clan Emmanuello. Il blitz scattò nel dicembre di due anni fa.

Quaranta le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite dalla squadra mobile di Caltanissetta e dal commissariato a carico di vecchi e volti nuovi della mafia locale. Quattro diversi procedimenti sono stati confluiti in un unico fascicolo giudiziario che comprendeva 68 faldoni. All’interno dell’inchiesta sono racchiusi gli ultimi sei – sette anni di storia criminale dei clan. Omicidi, estorsioni, gestione illecita di appalti, caporalato, detenzione di armi, riciclaggio, droga.

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