Sì o no? L’Ars decide sulle trivelle: Fasulo, “chi è contrario sbaglia del tutto”

 
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Gela. Trivellare o non trivellare? Un conflitto che, tra qualche ora, andrà in scenadirettamente tra i banchi dell’Ars.

Il referendum sullo “Sblocca Italia”. I deputati regionali, infatti, sono chiamati a esprimersi sulla proposta di referendum abrogativo dell’articolo 38 del cosiddetto decreto “Sblocca Italia”: quello che, stando alla rete No-Triv siciliana e a molti sindaci isolani, allargherebbe a dismisura le maglie autorizzative proprio in fatto di concessioni ad esplorare in mare, alla ricerca di idrocarburi e gas, da rilasciare alle grandi aziende del settore. In città, non mancano le evidenti divergenze sul tema, soprattutto politiche. L’Eni, già nell’intesa firmata a novembre sui tavoli del ministero dello sviluppo economico, punta gran parte delle proprie risorse da destinare al territorio sul settore offSshore: ovvero, esplorare alla ricerca di nuovi giacimenti e continuare a sfruttare quelli già attivi.

“Pochissime ricadute occupazionali in città”. “E’ assurdo – spiega Pietro Lorefice della locale sezione di Legambiente – puntare sulla ricerca in mare per tentare il rilancio economico della città. L’avvio dei lavori, compresi quelli per la costruzione della piattaforma Prezioso k, non avrà alcuna incidenza duratura. Costruire una piattaforma non richiede anni ma pochi mesi. Peraltro, la realizzazione dei componenti necessari non avverrà per intero a livello locale. Quindi, di cosa stiamo parlando? Perché, invece, nessuno si sofferma sulle criticità geologiche già accertate in diverse aree della nostra costa o sui rischi di cedimenti o esplosioni? Fino ad ora, non esiste un piano operativo che precisi il numero di lavoratori locali da utilizzare. Peraltro, le moderne piattaforme non necessitano, per funzionare a pieno regime, di molto personale fisso. Gli unici interventi saranno quelli di manutenzione ordinaria. Insomma, ci pare un vero bluff montato dalla politica”.

Il sindaco contrario al no. La politica, appunto. Molti sindaci siciliani, aderenti all’Anci, hanno da subito detto no alle ipotesi di trivellazioni in aree ricadenti sotto la loro competenza. Una linea diversa da quella assunta dal sindaco Angelo Fasulo. “Il referendum abrogativo? E’ solo una mossa politica del tutto sbagliata – spiega – la ricerca in mare d’idrocarburi e gas è una buona possibilità per il nostro territorio. Altrimenti, come dovremmo costruire il futuro della città? Oggi, tutti o quasi si dicono contrari alle esplorazioni in mare. Come mai tutte queste proteste non ci sono state davanti agli oltre cento pozzi presenti a terra lungo il territorio comunale? Come mai non c’è mai stata una richiesta ufficiale di referendum sul caso del pet coke bruciato nel ciclo produttivo di Eni? Questo no a priori è una posizione del tutto sbagliata”. Il deputato regionale del Pd Giuseppe Arancio non nega i dubbi sull’intero caso. “Alla fine – dice – deciderà il gruppo pralamentare all’Ars del partito. Non nascondo, però, di avere diverse incertezze personali. Se si fosse trattato di trivellazioni a terra avrei subito detto sì. In mare, invece, l’impatto potrebbe essere diverso. In ogni caso, bisogna anche considerare le opportunità occupazionali. Non ci si può sempre rifuguare nei referendum come se fossero la soluzione a tutte le questioni più importanti”.

I sindacati temono che salti il banco. L’eventuale referendum abrogativo dell’articolo 38 del decreto “Sblocca Italia” viene visto come uno spauracchio anche dai sindacati. “Ci risiamo – dice il segretario provinciale della Filctem Cgil Gaetano Catania – pseudo ambientalisti e pseudo politici vogliono far saltare un investimento da quasi due miliardi di euro? A questo punto, bisogna essere coerenti. Chi si oppone alla ricerca d’idrocarburi, credo, utilizzi l’automobile per spostarsi. Allora, mi chiedo, come si fa a dire che gli idrocarburi devono essere superati o che tutto è pericoloso o a rischio. Il protocollo firmato al ministero è fin troppo chiaro”. Una posizione analoga a quella del segretario provinciale dell’Ugl chimici Andrea Alario. “Bloccare il rilascio delle concessioni – ammette – significherebbe il de profundis per il territorio. Si creerebbe l’ennesimo deserto industriale”. Almeno da questo punto di vista, il sindacato del settore chimico appare decisamente compatto: nelle scorse settimane, anche i segretario di Femca e Uiltec, Francesco Emiliani e Maurizio Castania, hanno decisamente contestato posizioni che potrebbero far saltare l’accordo concluso al ministero dello sviluppo economico.

“No Triv – No Eni”. Ma la protesta in città, già nelle prossime settimane, potrebbe diventare perlomeno più evidente sul fronte pubblico. Un gruppo d’attivisti locale ha già posto le basi per la nascita di un comitato “No Triv – No Eni” da collegare alla lotta degli altri comitati siciliani. Adesso, la palla passa all’assemblea regionale, della quale fanno parte anche due deputati locali, il democratico Giuseppe Arancio e l’autonomista Pino Federico. “Invitiamo i deputati del parlamento siciliano – scrivono i No – Triv isolani – a votare a favore  dell’articolato per la proposta di referendum abrogativo dell’articolo 38 dello “Sblocca Italia”, che prevede la semplificazione normativa e procedurale in materia di concessioni per le trivellazioni, per lo stoccaggio, per le infrastrutture del gas e del petrolio, nonché per il trattamento, il trasporto, la reiniezione dei reflui. Chiediamo agli stessi di saper indurre il presidente della regione siciliana ad impugnare, come stanno per fare sei altre regioni, presso la Corte costituzionale, sia l’articolo 38  sia l’emendamento allo stesso, contenuto nella legge di stabilità”.

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