Trucidato dai clan nel varesotto, Italiano ricorre in cassazione: la famiglia di D’Aleo cita il ministero

 
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Gela. I resti di Salvatore D’Aleo, trucidato nell’ottobre del 2008 in provincia di Varese, vennero fatti ritrovare solo nell’estate del 2011. Italiano ricorre in Cassazione. Per quei fatti, Emanuele Italiano, in primo e secondo grado, è stato condannato all’ergastolo. Sarebbe stato dietro all’omicidio insieme agli attuali collaboratori di giustizia Fabio Nicastro e Rosario Vizzini. Si sarebbe trattato di un’azione organizzata dal clan di cosa nostra attivo proprio nella zona del varesotto. La condanna, adesso, è stata impugnata davanti ai giudici di cassazione. Sono stati i legali di Italiano a presentare ricorso. In tutti i gradi di giudizio, i familiari di D’Aleo, a cominciare dalla madre, si sono costituiti parte civile con l’avvocato Domenico Margariti.

La famiglia contro il ministero. Proprio ai familiari è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni. Nonostante ciò, il comitato paritetico del ministero della giustizia non gli ha riconosciuto la possibilità di accedere al fondo di rotazione per le famiglie delle vittime di mafia. Secondo gli esperti del ministero, Salvatore D’Aleo sarebbe stato comunque vicino ai clan gelesi attivi in Lombardia. Per questa ragione, è arrivato il diniego. I legali della famiglia si preparano a portare in giudizio, in sede civile, proprio il ministero della giustizia. Ritengono del tutto infondato il no. Il caso, quindi, arriverà nuovamente tra le aule di tribunale.  

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