Una bambina sorda dopo la somministrazione di un farmaco a rischio, non c’è accordo tra i genitori e l’Asp

 
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Gela. La proposta transattiva arrivata dal giudice civile non è stata accettata dalle parti. Così, il procedimento prosegue.

Il farmaco a rischio. Sono stati i genitori di una bambina di appena otto anni a citare in giudizio vertici Asp e medici dell’ospedale Vittorio Emanuele. Stando alla loro ricostruzione, infatti, l’infezione alla vescica sofferta dalla piccola sarebbe stata curata dai medici del nosocomio di Caposoprano con un farmaco a rischio, il Nettacin. La somministrazione l’avrebbe resa sorda. Conseguenza che per i genitori è da legare esclusivamente all’uso di quel farmaco. Una tesi portata in giudizio, a sostegno della famiglia, dall’avvocato Davide Limoncello. La sordità venne riscontrata dopo alcuni mesi. La famiglia si rivolse anche ad un genetista che escluse qualsiasi collegamento tra la sordità ed eventuali precedenti familiari. I medici di parte che hanno effettuato visite specialistiche sulla bambina hanno confermato il collegamento tra l’utilizzo di quel farmaco e la perdita dell’udito. Specialisti di parte sono stati nominati dall’Asp e dall’ospedale Vittorio Emanuele. Il procedimento civile, in assenza di accordo, proseguirà davanti ai giudici del tribunale. I genitori, nell’interesse della piccola, hanno chiesto un risarcimento da circa un milione di euro. I danni riportati peserebbero non solo sulla vita futura della figlia ma anche sulla serenità familiare. Da alcuni anni, inoltre, genitori e piccola hanno iniziato un lungo ciclo di viaggi tra i centri specialistici della penisola.

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